«I Rom sono quelle persone che quando danzano non parlano, accantonano confusioni, tramandano sentimenti, modellano gesti e si calano nei passi che danzano. Nei silenzi dei loro spazi, mentre ascoltano il loro spirito, che si concentra nelle anime, ne traggono coraggio, emozioni e con energia si muovono». I Rom sono anche questo ma non solo.
Sono trascorsi sei mesi dall’inizio della nostra esperienza di Servizio Civile Nazionale all’interno dell’Associazione Opera Nomadi di Reggio Calabria. Possono essere pochi per conoscere a fondo le persone ma sono abbastanza per comprendere che gli stereotipi semplificano la complessità degli esseri umani. Entrare in relazione con la comunità Rom della nostra provincia, vivendo a stretto contatto con i loro problemi e la loro quotidianità ci ha reso consapevoli che l’immagine esterna dello “Zingaro” è frutto di rapporti assenti tra rom e “gagé”.
Lasciamo che siano i furti e gli scippi a qualificare un’intera comunità che non conosciamo, perché il pregiudizio non seleziona, prende tutti e basta. Lo viviamo quotidianamente attraverso i commenti e il disappunto di chi ci sta vicino, a casa, con gli amici. Eppure, se la volontà di conoscere l’Altro fosse alla base di ogni nostra esperienza, avremmo una società più aperta alle differenze e forse più attenta alle disuguaglianze sociali.
Ai nostri occhi, nelle nostre coscienze gli “Zingari” lascerebbero il posto ai “Rom”. Li incontreremmo presto la mattina a raccogliere ferro che non è mai abbastanza a fine giornata, quando la stanchezza è tanta e i soldi pochi. Entreremmo nelle loro “case”, rese accoglienti e pulite anche quando sarebbe impossibile per noi gagé. Perché il rifiuto e l’esclusione rendono diffidenti ma elevano il limite di sopportabilità e lo spirito di adattamento che non ci appartiene. Se all’interno delle loro abitazioni l’umidità rende aspra l’aria e lo spazio è stretto, non importerebbe. Ti chiederebbero di entrare, metterti comodo, senza la possibilità di rifiutare. La vivacità dei loro bambini ti farebbe comprendere la loro voglia di far figli anche quando la società lo condanna.
In questi mesi il nostro sguardo si è soffermato su aspetti della loro vita che prima ignoravamo. Adesso entrare nei ghetti rom che la città si ostina a mantenere non ci spaventa. Volti familiari, nei loro pregi e difetti, ci vengono incontro, a volte per affidarci i loro problemi, altre per farci sorridere con la loro ironia. A metterci paura è oggi l’indifferenza delle Istituzioni che si accorgono delle condizioni di vita dei Rom solo quando l’area che occupano diventa loro interesse.
A volte sembra che quello che facciamo non abbia mai fine, soprattutto quando i risultati non sono sempre tangibili come vorremmo. Perché nel mondo del sociale gli eventi non corrispondono sempre alle nostre aspettative. Si tenta, si ottiene, si vince una battaglia e si perde una guerra. Ma essere entrati in relazione con la comunità rom significa per noi aver già vinto. Contro il nostro pregiudizio.
I volontari del Servizio Civile Nazionale, progetto "Pijats Romanò - Bianca e Bernie", in servizio presso l'Ente Morale Opera Nomadi Sezione di Reggio Calabria
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