Nel 1725, Federico Guglielmo I di Prussia decretava che gli zingari sopra i 18 anni, uomini e donne, fossero impiccati senza processo. Era solo più conseguente di altri governanti che l’avevano preceduto e che l’avrebbero seguito. I Rom e i Sinti sono l’Olocausto con cui non abbiamo mai fatto i conti.
Trecentomila o mezzo milione sono stati inghiottiti nei campi di sterminio (e la stessa oscillazione della cifra mostra il disinteresse degli storici), ma non sono cresciuti in Occidente gli anticorpi per un antigitanismo che non si è mai attenuato, né prima né dopo la Seconda guerra mondiale.
Nessun risarcimento, nessun senso di colpa o vergogna collettivo, nessun tentativo di trovare una soluzione reale. Tutti gli autori che hanno scritto delle «degenerazioni degli ebrei» hanno alimentato la letteratura e le favole sull’istinto naturale a delinquere dei rom. Ma quando si rade al suolo un’intera baraccopoli nelle Marche perché un ragazzo ubriaco (rom) ha investito dei poveri passanti, nessuno si scandalizza. E, per fortuna, nessuno rade al suolo il condominio dei ragazzi e delle ragazze ubriachi al volante (non rom) che popolano le cronache delle ultime settimane.
È così che si arriva a oggi, in Italia. Con i Rom e i Sinti che hanno una speranza di vita alla nascita di 45 anni, più di 30 in meno rispetto al resto della popolazione. Non perché tutti i bambini bruciano nella loro roulotte, ma perché le loro condizioni di vita sono tali che milioni di giorni di vita non verranno mai vissuti. Malattie, incidenti, malnutrizione, condizioni igieniche, acqua non pulita, nessun welfare.
È una questione di diritti umani rimossa in parte dell’Occidente e ancor più in Italia. È una questione di antigitanismo diffuso, al punto che nessuno può rischiare pubblicamente di proporre soluzioni senza pagare pesanti prezzi politici verso chiunque invochi «legalità e rispetto delle regole». E che ci si può permettere e dire di tutto.
Pensiamo a cosa accadrebbe se le stesse cose si dicessero, pensassero e facessero verso una qualunque altra minoranza sociale, culturale, religiosa, sessuale: è un esercizio benefico. I Rom e i Sinti sono la più grande minoranza etnica in Europa, l’unica che non goda di alcuna tutela. Nonostante questo, l’Ue ha avviato progetti anti-discriminazione, ma l’Italia è in coda. Sul permesso di soggiorno, chi ce l’ha, lo stesso diritto alla privacy viene meno: accanto all’indirizzo, tra parentesi, viene spesso scritto «presso il campo nomadi». In questo clima culturale non dovrebbe stupire che anche chi studia, anche chi cerca lavoro, faccia più fatica degli altri. di Mario Marazziti, continua a leggere…
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