«Smantelliamo subito tutti i campi nomadi e facciamo accedere i rom alle liste per le case popolari, come nel resto d'Europa. Diamo dei documenti, facciamo andare i bambini a scuola, educhiamoli. Togliamoli dal limbo. Infine le associazioni: basta con gli interlocutori che servono a loro stessi. Queste persone non hanno alcun interesse che le cose cambino, perchè altrimenti che farebbero nella vita? Prima sventolano lo spauracchio dello “zingaro”, poi dicono ci sono io a risolvere tutto. Scandaloso».
Lo dichiara Santino Spinelli, in arte Alexian, musicista e docente universitario di origine rom dell'università di Trieste, in un'intervista a Qn, commentando la situazione dei campi Rom in Italia.
«Il problema Rom - aggiunge Santino Spinelli - è politico. Ma non solo è anche culturale e sociale. È più facile relegare i rom e i sinti nei campi nomadi che impegnarsi e promuovere una vera integrazione. Ci vogliono progetti seri, ci vogliono persone in grado di realizzarli. Ma veramente pensate che i rom siano felici di stare nei campi? E non venitemi a parlare di tradizione: noi non siamo nomadi, è sbagliato pensarlo».
«Non siamo nomadi - precisa - La nostra mobilità, nei secoli, è sempre stata coatta, conseguente alle persecuzioni di ogni tipo, la più grave quella nazista. Siamo eterni emigranti per forza, per disperazione. In Italia, come nel resto d'Europa, siamo venuti a cercare lavoro, una casa, una vita dignitosa. Non certo una baracca sporca in un campo. Il nostro sterminio continua anche oggi. Non conoscono nulla di noi, l'idea che si sono fatti deriva da luoghi comuni, da leggende, come quella che gli “zingari rubano i bambini”. Un'assurdità. Le mele marce sono dappertutto. Ma sono casi isolati, non si può colpevolizzare un popolo»
«Io rivendico - conclude Spinelli - il fatto che i rom sono stati gli unici, nella storia, a non aver mai fatto guerre, a non aver mai fatto atti di terrorismo. E allora informiamo bene. E facciamo tutti uno sforzo per capire di più. Non bisogna occuparsi dei rom solo in occasione di questa o quella tragedia. La tragedia è quotidiana».
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