Molte volte ho mentalmente iniziato a scrivere questo post. Leggendo un giornale in metropolitana, ascoltanto la radio, vedendo una notizia su un trafiletto. Una serie di stimoli che negli ultimi anni mi ha raggiunto con fitte via via sempre più dolorose. Una serie di eventi tra di loro simili, accomunati da una caratteristica comune molto preoccupante.
Ed ogni volta mi sono lasciato distogliere, ogni volta altre cose hanno preso il sopravvento. Ma la brace di quel dolore, di quello sdegno, ha covato. E si è alimentata, purtroppo, grazie a fiamme ricorrenti, a sgomberi sempre più frequenti. Al dispiegarsi di un sentimento e di un comportamento non solo intollerante, ma decisamente e compiutamente razzista. Ma ho rimandato. Ho rimandato per la difficoltà di trovare ascoltatori disposti ad ascoltare, persone senza pregiudizi, sopratutto ho rimandato per la fatica di trovare dentro di me i limiti di un pensiero, di un'educazione e di una sensibilità ogni giorno oltraggiate, volgarizzate e banalizzate da un clima culturale sempre più rozzo, improntato alla fierezza dell'ignoranza, alla prepotenza del potere, alla prostituzione come forma di impegno politico, al bigottismo clericale, al razzismo ed alla barbarie. E dentro questi limiti, vedere quale inaudita violenza colpisca i Rom, ed in genere tutte le persone dispregiativamente chiamate zingari.
La prima volta che sono entrato in un cosidetto campo nomadi, ne ho ricevuto un'impressione fortissima di segregazione, esclusione, abbandono e allo stesso tempo criminalizzazione. Lacerti di territorio in cui suppurano il degrado, l'esclusione, la stigmatizzazione, una vera opera di distruzione culturale e sociale che nessuno di noi potrebbe anche solo lontanamente tollerare. Condizioni di vita indegne, con l'aggravante di doversi vergognare della propria identità. Abitavo ancora a Roma, città che comincia anche lei a demeritare la fama di posto tollerante. Poi qui a Milano ho dovuto sopportare i proclami razzisti dei vari ras leghisti, leggere delle lore fascistissime ronde, dei loro raid, del livore becero ed ignorante delle persone perbene, degli incendi nei campi allestiti dalla protezione civile.
La somma delle notizie si è fatta col tempo intollerabile. Discriminazione, violenza gratuita, le frasi tipiche del pensiero razzista, sempre così semplice ed immediato nell'idiozia delle sue affermazioni tronfie, le lamentele perbeniste, l'immondo gioco a lucrare politicamente sul disagio soffiando sul malcontento. E poi ancora il degrado, la guerra dei poveri contro i poveri, l'odio come categoria del pensiero. Ma sopratutto politiche criminali che affrontano la questione dei Rom con le stesse categorie mentali che hanno favorito l'avvento del nazismo. Quelle che negano la diversità, quelle che indicano come colpevoli di moltissimi mali sociali un ristretto gruppo di persone, quelle pseudopolitiche che parlano di integrazione e vogliono dire distruzione di una cultura, che dicono legalità, e mettono in atto persecuzioni etniche. Continua a leggere...
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