Il “campo” rom della Favorita di Palermo ha ucciso ancora. La condizione di abbandono nella quale sono lasciati da oltre dieci anni i rom kosovari, serbi e montenegrini presenti nel “campo” ubicato vicino allo stadio, all’interno di una zona destinata a riserva naturale, ha ucciso ancora. Dopo tre giorni di agonia in ospedale, senza che i medici fossero riusciti a capire la ragione delle continue emorragie e poi dello stato di coma, Vera, una donna rom originaria del Montenegro, se ne andata in una sera di pioggia, mentre al “campo”, tra le pozzanghere ed i ratti, centinaia di uomini, donne e bambini che avevano atteso invano le notizie di un suo miglioramento, accendevano un grande fuoco attorno al quale celebrare, tra la disperazione dei parenti, la veglia funebre.
La morte di Vera, ancora più ingiusta perché apparentemente inspiegabile, ma è stata decisa l’autopsia, è soltanto l’ultima di una serie di decessi dovuti a fattori ambientali verificatisi all’interno del “campo nomadi”.
Rom che sono nati e cresciuti a Palermo, che non possono più fare rientro nei paesi di origine, che sono tenuti in uno stato di perenne esclusione da leggi sull’immigrazione tanto ingiuste quanto inapplicabili ai rom, e da prassi amministrative arbitrarie e sempre più lente.
Neppure il fatto che l’Italia sia stata denunciata dagli organismi europei per le condizioni di alloggio nelle quali costringe i rom ha spinto le amministrazioni locali ad assumere provvedimenti concreti e responsabili.
Ci si è limitati a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine per interventi esclusivamente repressivi, dimenticando che la condizione di irregolarità di molti rom è frutto del legame perverso che la legge Bossi-Fini ha instaurato tra il contratto di lavoro ed il permesso di soggiorno, oltre che della negazione sostanziale del diritto al soggiorno per asilo, per protezione umanitaria, per motivi di salute o nel superiore interesse dei minori. di Fulvio Vassallo Paleologo (Università degli Studi di Palermo), continua a leggere...
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