Il sindaco Graziano Delrio dopo una riflessione durata alcuni giorni riprende in mano la questione micro aree e in Consiglio Comunale ribadisce le proprie idee.
"Realizzeremo il progetto «dal campo alla città per l'inclusione sociale dei nomadi»” ha dichiarato scatenando le urla e le proteste di AN e del resto del centrodestra. Del Rio ha poi aggiunto "sulle micro-aree la giunta di Reggio non ha fatto alcuna retromarcia. Abbiamo soltanto deciso di compiere un passo per volta, proprio perché il progetto che riguarda lo smantellamento del campo nomadi di via Gramsci è un progetto sociale, difficile e delicato. Se sarà un progetto migliorabile lo miglioreremo, ma lo realizzeremo. Perché la nostra società, quella che noi vogliamo, sa essere in grado di recuperare la persona e la sua dignità".
La sfuriata contro la destra. Duro è stato l'attacco nei confronti di quegli esponenti della destra che in questi mesi si sono prodigati in campagne "anti-campine": "in realtà voi non siete informati sull’argomento, non dite nulla di propositivo. Voi parlate speculando sulle paure, accarezzate la pancia della gente. Dovreste vergognarvi".
"Sono convinto - ha continuato il sindaco - che quando la famiglia sinta sarà pronta per il trasferimento, previo apposito percorso di educazione e inserimento sociale, vale a dire lavoro, allora ne potremo discutere con i reggiani che vivono nell’area interessata. Do fiducia alla civiltà dei miei cittadini".
I vantaggi delle micro-aree. Al di là dei battibecchi, il discorso di Delrio aveva l'intento di affrontare l'argomento senza pregiudizi di tipo ideologici: "Dunque ribadiamo considerazioni oggettive: la concentrazione di persone svantaggiate in luoghi precisi induce disagio sociale e quindi pericolosità sociale; non esistono nei campi di Reggio situazioni di illegalità gravi, come in altre città; quindi per noi un processo sperimentale di inclusione come quello deliberato dalla Giunta non può che portare a un recupero di qualità e sicurezza sociale".
Quella presa dal Comune sarebbe dunque una scelta riguardante la politica per la sicurezza. Ghettizzare crea emarginazione, disagio, quindi insicurezza e illegalità. Vogliamo dunque proseguire sulla linea intrapresa nel campo di via Da Genova, la linea del diradamento delle concentrazioni eccessive e della sempre maggiore responsabilizzazione dei nomadi. Vorrei fosse comunque chiaro che non stiamo cercando di «sistemare» i nomadi sinti. Stiamo piuttosto cercando di far capire che pagare le bollette della luce e mandare i figli a scuola sono cose giuste. Noi cerchiamo il reinserimento dei nomadi, perseguiamo questo obiettivo che è di tutta la cultura, anche giuridica, europea. Chi non vuole ciò è fuori da tale cultura".
Noi di sucardrom plaudiamo il Sindaco per il suo intervento in Consiglio Comunale. Rileviamo però, anche dopo un incontro tra l’Associazione Sucar Drom e l’Assessore Gina Pedroni, che certe motivazioni, quali: “percorso di educazione e inserimento sociale”, sono molto pericolose. In effetti lo stesso concetto di inclusione sociale è un tratto distintivo di quel “mite razzismo culturale”, denunciato da Zagrebelsky e dall’Istituto di Cultura Sinta.
Pensare che i Sinti reggiani debbano essere educati prima di accedere ad un habitat dignitoso è molto grave. La proposta che l’Associazione Sucar Drom ha offerto, ad oggi informalmente, al Comune di Reggio Emilia è di costruire percorsi di interazione e di partecipazione diretta dei Sinti anche attraverso le metodologie della mediazione culturale.
In sintesi il percorso di “educazione” ha di fatto due fronti, società sinta e società maggioritaria, che insieme devono percorrere senza prevaricazioni ne da una parte ne dall’altra parte. Con l’avvertenza che la società maggioritaria (in senso numerico) ha responsabilità maggiori per alcuni semplici ragioni: detiene il potere politico ed economico ma soprattutto non ha ancora risarcito le popolazioni sinte di quanto subito durante il Porrajmos.
Per quest’ultimo punto è indicativo che il libro “storie e vite dei sinti dell’emilia”, a due anni dalla pubblicazione, non sia ancora stato presentato a Reggio Emilia per l’indisponibilità dimostrata sia degli Enti Locali che dell’associazionismo. Nel libro si racconta dell’internamento delle famiglie sinte reggiane nel campo di concentramento di Prignano, durante il fascismo.
Nessun commento:
Posta un commento