Lo scorso 25 ottobre è stato un giorno importante per le relazioni Belgrado-UE. Il Parlamento europeo ha infatto approvato un rapporto a favore di una rapida integrazione della Serbia in Europa. Questa sembra ormai essere una priorità sia a Strasburgo che a Bruxelles.
“Il futuro della Serbia è nell'Unione europea”. Questo il messaggio chiave suggellato il 25 ottobre scorso dal Parlamento europeo con l’approvazione del rapporto di Jelko Kacin, deputato sloveno del gruppo dell'alleanza dei democratici e dei liberali per l'Europa (ALDE). È stato un giorno importante per le relazioni Belgrado-UE, un passo in avanti sul cammino che da Belgrado va verso le riforme e verso l'Europa.
Tanti i punti di encomio sottolineati nella relazione. Tra gli altri, la dissoluzione pacifica dell'Unione statale di Serbia e Montenegro, le elezioni parlamentari libere, la successiva formazione di un governo di ispirazione pro-europea ed il completamento dei negoziati tecnici per l'accordo di stabilizzazione e associazione (ASA). Un capitolo di grande rilievo, quest’ultimo, dato il suo stretto vincolo con la piena collaborazione della Serbia con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (ICTY). Sulla questione, nervo da sempre scoperto delle relazioni UE-Belgrado, il Parlamento europeo ha dichiarato che i recenti arresti “provano che le autorità serbe sono in grado di trovare e catturare quanti sono accusati di crimini di guerra”. Conseguente l’appello a continuare sul cammino intrapreso.
Una menzione particolare nel rapporto è per Srebrenica, piaga nella memoria della ex-Yugoslavia ed altro elemento spinoso dei rapporti UE-Belgrado. Invitando il Parlamento serbo ad adottare una dichiarazione che denunci il genocidio, Strasburgo ha precisato che a suo parere le sentenze del Tribunale serbo per i crimini di guerra a carico di quattro membri del gruppo paramilitare "Scorpioni" per l'esecuzione di sei musulmani di Srebrenica “non riflettono l'odiosa natura del crimine”. I cittadini serbi hanno il diritto di conoscere la verità “sulle politiche di guerra e genocidio condotte in loro nome” e l'identità dei criminali di guerra. A tal proposito, il Parlamento europeo promuove la riapertura della commissione sulla verità e la riconciliazione, così da favorire un clima più positivo nelle zone devastate dal conflitto interetnico.
Ma non sono state solo Srebrenica e L'Aja di scena sul fronte dei diritti umani. Le minoranze da proteggere, in particolare in Vojvodina, i rom che vivono in una condizione di perenne discriminazione e la condizione di precarietà dei profughi croati e bosniaci e degli sfollati interni dal Kosovo restano tutti punti aperti sui quali sì, qualcosa si è fatto, ma ancora molto, moltissimo resta da ancora fare. Continua a leggere…
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