sabato 10 novembre 2007

Rom, qualcosa di sinistra

La politica è fatta di scelte, ma vive di gesti simbolici. Veltroni, il leader della sinistra italiana, anziché suggerire o sollecitare o tollerare che l’inumana favela di Tor di Quinto fosse rasa al suolo, avrebbe dovuto visitarla.
Avrebbe dovuto parlare con chi ci abita, fermarcisi una notte, convocare le telecamere e dire agli italiani due cose: come leader del Partito democratico, spiegare che i non-italiani sono tanti e saranno sempre di più, e che è nostro preciso dovere garantire loro condizioni di vita dignitose; come sindaco di Roma, impegnarsi a trovare quanto prima un lavoro e una casa e una scuola per tutti i disgraziati abitanti della baraccopoli.
Che senso ha andare in Africa se non ci si preoccupa delle migliaia di stranieri che vivono come bestie in decine di agglomerati fatiscenti - Forza Italia ne ha contati ottanta - sparsi per Roma? E che senso ha essere e dirsi «di sinistra» se non si condivide e non si pratica l’accoglienza, la tolleranza, l’apertura, la pietà?
Non traggano in inganno le parole, che potranno suonare retoriche: siamo talmente assuefatti al cinismo della sopravvivenza quotidiana e ai suoi automatismi, da non conoscere più neppure il lessico della convivenza civile.
La questione dei non-italiani è esemplare per molti motivi: ma soprattutto perché è un esempio di come le soluzioni moralmente più ripugnanti - figlie dell’ondata xenofoba di cui siamo vittime e artefici - siano anche le più stupide e inefficaci. In altre parole, la questione dei non-italiani dimostra che etica e politica sono due aspetti di un medesimo progetto - la convivenza umana -, e che senza un’etica robusta e condivisa la politica, semplicemente, sbaglia.
Sia chiaro: nessuno, quando si parla di «tolleranza», intende quella caricatura che ne fa la destra. È ovvio che le leggi vanno rispettate, che la sicurezza va garantita perché è il fondamento della libertà, e che chi sbaglia deve pagare. Né il rispetto delle leggi è una concessione, o un privilegio, o un «giro di vite»: è, semplicemente, un dovere di tutti, degli italiani e dei non-italiani. Le leggi, a loro volta, non devono contraddire la lettera e lo spirito della Costituzione, e devono essere uguali per tutti. Sono questi i principi dello Stato liberale di diritto, e poiché tutti dicono di condividerli, non resta che applicarli con scrupolo e coscienza. di Fabrizio Rondolino, continua a leggere…

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