venerdì 2 novembre 2007

Vita da incubo nella città di latta

L'odore è buono. Come in ogni casa del mondo, dove c'è una famiglia e un pranzo nel giorno di festa. Il vapore che sale dalla pentola dello stufato di maiale con l'aglio e le cipolle è denso e profumato e Iuliana - Iuliana Dumea è venuta a Roma dalla contea di Piatra Neamt, Romania, quattro anni fa, in settembre - ne è fiera. Sorride e si stringe sulle spalle lo scialletto di lana. Fuori piove. Vuole preparare un caffé tanto per levarsi di dosso l'umidità.
Iuliana racconta di sé senza disperazione, quasi orgogliosa della sua rassegnazione a una vita aspra, della sua capacità di sopportarla con dignità. Dice del suo lavoro di badante a Cerveteri, 650 euro al mese, un posto fisso, un letto caldo per sei giorni la settimana e la famiglia che l'ospita la rispetta e ha fiducia in lei. Dice della figlia Andreea, arrivata in Italia che sono sette giorni: si prepara a diventare "grande", a dicembre finalmente festeggerà i diciotto anni e potrà cercarsi un lavoro. Del marito muratore che guadagna 40 euro a giornata, anche 50, quando è fortunato a trovarlo e, se Dio vuole, quest'anno la fortuna non lo ha mai abbandonato. Dice Iuliana, delle sue preoccupazioni, ma anche della sua speranza di una vita regolare, del desiderio di trovare una casa e non la baracca dove in un angolo ora borbotta - allegra - la pentola dello stufato.
La baracca, quindici metri quadrati, è stata tirata su con gli alberi del parco dell'Aniene, con l'aiuto di Cristian Samoila che ora sta tirando su la sua poco più in là. La baracca ha un tetto di laminato d'alluminio e pareti di cartone, protette da larghi fogli di plastica e cartelloni pubblicitari. C'è anche una finestra, ma non si apre. E' lì per decoro, per simulare una casa vera. Il rifugio di Iuliana è a ridosso dell'argine destro dell'Aniene tra l'ansa di Ponte Mammolo e Casale Rocchi. E' nel mezzo di una fangosa discarica per gran parte annerita dal fuoco - televisori sventrati, marmitte e batterie d'auto, vecchie scarpe, centinaia di bottiglie di vino e di birra, monnezza, bambole, cessi sbreccati, plastica bruciata.
Se guardi il volto di Iuliana, puoi anche dimenticare la baracca e la discarica. E se dimentichi la baracca e dove sei, la vita di Iuliana può anche apparire non disperata - Iuliana non la sente disperata - difficile sì, dura come la pietra sì, ma non disperata. E' una vita che ha ridotto al minimo ogni bisogno di abitazione, di vesti, di vitto ma non l'aspettativa di giorni migliori. E ora, chiede Iuliana, che succederà dopo quel che è accaduto a Tor di Quinto a quella povera signora: noi romeni finiremo tutti nei guai? Ci cacceranno tutti? Pagheremo tutti, i delitti di pochi o di uno? Io ho un lavoro, potrò restare? E Andreea potrà restare, lei che il lavoro non ce l'ha, ma ha me? Perché non li punite? Perché non li tenete in carcere? Perché, se li arrestate, poi li scarcerate? Continua a leggere...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non è facile.