martedì 11 dicembre 2007

Il ruolo delle Organizzazioni internazionali nelle politiche di contrasto dell’immigrazione clandestina

Ha destato scalpore un recente video, finanziato dall’Unione Europea e dall’OIM (Organizzazione internazionale con le migrazioni), nel quale si sconsiglia ai migranti di raggiungere l’Europa (la Svizzera, in particolare) perché qui li attenderebbe un futuro di fame e di emarginazione.
L’Europa che non è stata capace di adottare una direttiva sugli ingressi legali per lavoro, che ha chiuso la porta in faccia ai potenziali richiedenti asilo e che ha armato le missioni dell’Agenzia Frontex, per respingere a mare i migranti irregolari e per contribuire alla loro deportazione dai paesi di transito ai paesi di provenienza, promuove adesso campagne pubblicitarie allo scopo di dissuadere i “viaggi della speranza”.
La partecipazione dell’OIM alla campagna pubblicitaria di dissuasione rivolta ai candidati all’immigrazione clandestina non è che la punta dell’iceberg di un impegno complessivo di questa organizzazione a favore delle politiche di controllo dell’immigrazione clandestina poste in essere dai governi europei e dalle agenzie comunitarie come FRONTEX.
E’ a tutti noto il coinvolgimento dell’OIM nelle operazioni di rimpatrio forzato realizzate dal governo Berlusconi a partire dall’ottobre del 2004 da Lampedusa verso la Libia, operazioni censurate anche dal Parlamento europeo, dopo le quali centinaia di migranti deportati dall’Italia sono morti in Libia (per dichiarazione dello stesso governo libico) abbandonati nei deserti al confine con il Niger e l’Algeria.
Negli ultimi anni, l’attività dell’OIM si è concentrata sulle operazioni di “rimpatrio volontario assistito” dai paesi di transito ai paesi di provenienza dei migranti, paesi assai diversi e lontani come il Bangladesh , il Ghana, il Mali, il Sudan, il Niger, il Togo o il Senegal. Diverse le modalità dei rimpatri, alcuni per via aerea, altri su camion che attraversano il deserto in direzione sud, verso Agadez, la direzione opposta rispetto a quella seguita dai migranti irregolari per entrare in Libia.
L’impegno dell’OIM va quindi inquadrato nell’ambito delle politiche dei principali paesi europei che hanno esternalizzato i controlli di frontiera coinvolgendo i paesi di transito nella “lotta all’immigrazione clandestina”, restringendo in questo modo le possibilità di accesso anche nei confronti dei potenziali richiedenti asilo.
Per la piena attuazione di queste politiche di respingimento dei migranti irregolari, sia gli organismi comunitari che i singoli stati hanno cercato di ottenere, con diversi risultati, l’appoggio di grandi organizzazioni umanitarie come l’OIM e l’ACNUR ( Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati).
L’Italia, malgrado le linee programmatiche del governo Prodi, che avrebbe dovuto favorire la possibilità di ingresso legale e l’accesso alle procedure di protezione internazionale, per quanto concerne la politica estera, è rimasta in piena continuità con il precedente governo, ed ha avuto un ruolo importante nel coinvolgimento dei paesi di transito, della Libia, dell’Egitto, della Tunisia e dell’Algeria in particolare, nella guerra contro la cd. “migrazione illegale”, giungendo persino ad avallare frettolose comparazioni tra l’immigrazione clandestina ed il terrorismo, nell’alveo delle politiche securitarie dominanti a livello nazionale come in ambito comunitario.
Non sono ben noti i risultati effettivi della Conferenza ministeriale di Tripoli, su migrazione e sviluppo, del novembre 2006, fortemente voluta dal governo Prodi, seguita da numerose missioni del ministro D’Alema e dei suoi tecnici in Libia nel corso del 2007. Di certo si sono instaurati stretti legami tra la politica di scambi commerciali tra i due paesi (gas e petrolio), il pagamento del cd. debito storico dell’Italia verso la Libia, ancora una volta danaro sonante promesso per finanziare opere pubbliche , e la gestione dei controlli delle rotte dell’immigrazione illegale, nei deserti e nelle acque del Mediterraneo.
Nel 2007 sono stati realizzati vari progetti a cui ha partecipato l’Italia, con il coinvolgimento dell’OIM, sulla base di cofinanziamenti europei, che riguardano Paesi come la Libia, il Ghana, la Nigeria, il Senegal ed altri Paesi dell’Africa orientale. Si tratta del programma Across Sahara 2, presentato dal Ministero dell’interno in partnership con la Libia e l’OIM, relativo ad azioni di assistenza tecnica in materia di immigrazione clandestina sulla frontiera libico-algerina; del programma East Africa migration route, presentato dal Ministero dell’interno britannico con la partecipazione del nostro Ministero dell’interno, relativo alla cooperazione tra gli esperti di immigrazione dell’Unione europea nell’Africa orientale e le autorità di tali Paesi; del programma Facilitating coherent migration management approach in Ghana, Nigeria, Senegal and Libia presentato dalla OIM, con la partecipazione dei nostri Ministeri dell’interno e della solidarietà sociale, per promuovere la collaborazione operativa tra tali Paesi nella gestione delle migrazioni.
Adesso nelle dichiarazioni dei rappresentanti dell’OIM non si parla più di collaborazione ai rimpatri forzati, ma si sostegno delle operazioni di “ritorno volontario”, ma a leggere bene le direttive e le istruzioni operative impartite dalla Commissione e dal Consiglio dell’Unione Europea il coinvolgimento che si richiede all’OIM, ed in prospettiva anche all’ACNUR nella “guerra” all’immigrazione clandestina appare chiaro. di Fulvio Vassallo Paleologo, continua a leggere…

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