mercoledì 30 gennaio 2008

La cronaca nera invade la politica

Non mi sono mai interessato alla cronaca nera, per due motivi: intanto perché gli atti d’inchieste e processi penali li possono conoscere a fondo solo magistrati ed avvocati degli imputati o delle eventuali parti civili, senza contezza di questi atti si possono scrivere fesserie, e perciò gli articoli di «giudiziaria» sono romanzi e non resoconti di fatti reali; in secondo luogo in quanto tutto questo romanzato d’appendice viene riferito a persone loro sì reali, che si trovano addosso ruoli senza sapere come uscirne, con conseguenze di vita disastrose per cui, alla fine, l’unico crimine vero è quello commesso dai cronisti. Quando i fatti di cronaca hanno conseguenze politiche, però, queste ultime non possono non essere considerate. L’anno 2007 dell’era volgare s’è chiuso con due delitti che hanno inciso in modo molto diseguale su opinione pubblica, posizioni politiche ed atti di governo.
A distanza di circa un mese due crimini atroci. A Roma una buona cristiana, di denominazione valdese, moglie d’un ufficiale di Marina, viene violentata, malmenata e buttata giù da un cavalcavia da ceffi con passaporto romeno. V’è chi dice siano “zingari”, chi girovaghi d’etnia neolatina, comunque accampati in una baraccopoli nei pressi. Si scatena un’ondata xenofoba, che accomuna un sindaco il quale mirava alla guida nazionale del partito democratico ad una Destra alla ricerca di consensi. Il risultato: un provvedimento legislativo che nasce morto ed un personale politico che ha indignato giustamente l’Europa. Il provvedimento legislativo nasce morto in quanto contiene una disciplina della «espulsione di cittadini comunitari» (non credevo ai miei occhi quando ho letto una proposizione simile).
Essa, appena giungerà all’attenzione d’un giudice, non potrà che essere disapplicata per contrasto con le norme comunitarie. Infatti se è vero che la libera circolazione delle persone, dall’origine della C.e.e., può soffrire deroghe per questioni di moralità pubblica, tutela della salute ed ordine pubblico, è però altrettanto vero che, come emerge dalla giurisprudenza costante della Corte di Giustizia della Comunità Europea, queste esigenze vanno appurate caso per caso, da un regolare processo, e quindi nessun provvedimento d’espulsione è concepibile prima dell’esito definitivo del processo medesimo. Ciò, per inciso, genera anche una illegittimità del provvedimento secondo la vigente Costituzione italiana, in quanto l’espulsione prima del processo viola il diritto alla difesa dell’imputato.
Oltre a ciò, è da osservare come la libera circolazione delle persone, nel corso dell’evolvere del processo d’integrazione comunitario, sia passata dal suo legame strumentale col lavoro, come libera circolazione di lavoratori subordinati o libertà di stabilimento d’autonomi, a vero e proprio diritto di cittadinanza supernazionale, senza legame alcuno con lo scopo dell’utilizzo di quella libertà: un cittadino ha, in quanto tale, il diritto a circolare liberamente per il suo paese, che per i cittadini comunitari è l’Unione europea. Gli emendamenti proposti da Destra, nel corso delle vicenda legislativa, erano, se possibile, ancora più farneticanti, e fondati su d’un populismo sciovinista beceroleghista. L’Italia ne è uscita male, perché in Europa s’è discusso molto, anche se nulla ne è emerso sui vernacoli mezzi di comunicazione sociale italiani, sulla persistente involuzione etico-politica d’uno degli Stati membri fondatori delle Comunità e dell’Unione europea.
L’unico soggetto sociale che ha reagito è stata l’antica e benemerita “Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo”, che ha impegnato la sua commissione cultura in un esame approfondito delle radici culturali di questo germe razzista scatenato dall’episodio. Dopo circa un mese accade un’altro crimine, se possibile ancora più efferato. Lo scenario di sfondo è l’opulenta marca trevigiana. La vittima è una buona signora amante degli animali, ne circola una fotografia che la ritrae abbracciare i suoi gatti. Il delitto efferato: rapita a scopo d’estorsione viene, poi, seviziata, pestata di botte e sgozzata nel più atroce dei modi. Il corpo è fatto a pezzi con una sega. L’imputato è un falegname del trevigiano. Quale sarà la reazione? Adesso espelliamo i trevigiani? Il governo varerà un provvedimento legislativo sull’espulsione dei cittadini italiani dall’Italia? Nulla, il silenzio della normalità cade sull’atrocità. Nessuno rileva, e per questo ho preso la penna in mano, che i crimini non sono commessi da “zingari”, romeni, qualche anno fa albanesi, oppure da maomettani o negri, ma dagli uomini.
Non uno osserva che tutti i reati, anche i più atroci, sono già previsti dal Codice Penale, per cui non v’è proprio nulla da inventare. Non s’obbietta che non occorre scomodare Hobbes o Vico per sapere che lo Stato è nato per difendere i cittadini dal crimine, commesso da «chiunque», come s’esprime il Codice, senza questioni di razza, lingua, classe sociale, religione od opinioni politiche e concezioni filosofiche. Nessuno commenta che chiunque introduca queste discriminazioni nell’applicare il diritto penale non combatte il crimine, ma ne compie uno di nuovo. di Riccardo Scarpa

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