Con un’ordinanza, il Tribunale amministrativo regionale (sezione di Parma), ha respinto il ricorso per l’annullamento della delibera con la quale il Consiglio comunale di Reggio, il 29 ottobre scorso, non aveva ammesso il referendum contro le varianti urbanistiche per la costituzione di microaree per l’inclusione sociale dei Sinti reggiani.
I giudici amministrativi non solo non hanno ravvisato elementi tali da ritenere ragionevolmente fondato il ricorso, ma hanno raggiunto il convincimento che non vi siano neppure elementi per accoglierlo nel merito, ritenendo quindi fondate le ragioni sottese al provvedimento del Consiglio comunale. In buna sostanza, il Tar ha condiviso l’atto del Consiglio comunale, ritenendo infondato il fumus boni juris (la parvenza di buon diritto) sostenuto nel ricorso dei referendari.
Con questo dispositivo, il Tar ha quindi accolto le tesi del Comune di Reggio, costituito in giudizio e rappresentato dall’avvocato Santo Gnoni, dell’Avvocatura comunale.
Dunque, anche i giudici amministrativi hanno riconosciuto ed eccepito che i quesiti referendari, proposti il 29 agosto 2007, non erano ammissibili. In particolare, nel primo si chiedeva ai cittadini se erano favorevoli a una variante al Prg riguardante aree demaniali. Nel secondo quesito, si chiedeva se si era favorevoli al progetto “Tra il campo e la città”, azioni per il miglioramento della qualità della vita e il sostegno all’inclusione sociale della comunità Sinti di Reggio.
Queste aree erano i 64 lotti punto di partenza di un approfondito lavoro tecnico in vista del progetto sperimentale di realizzazione di una microarea – si sottolinea, una sola microarea – destinata ad ospitare un nucleo familiare di Sinti disponibili a intraprendere un percorso di inclusione sociale, delineato dal progetto ‘Dal campo alla città’. Un Patto basato su diritti e doveri comuni a tutti i cittadini, sull’inserimento scolastico e lavorativo, sull’autonomia economica.
Quell’elenco di aree era parte di un’istruttoria, uno screening delle aree pubbliche, non l’indicazione – come sostenevano i referendari – di 64 aree che sarebbero divenute zone di insediamento di ‘Campine’ (microaree). Una sola di queste aree è poi stata scelta dal Comune.
Erroneo e fuorviante, quindi, proporre quell’elenco come ‘pacchetto’ di lotti soggetti a variante urbanistica. Un vizio formale, nato da una errata valutazione della realtà dei fatti e degli atti istruttori amministrativi. Continua a leggere…
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