E’ stato presentato il 12 febbraio presso la Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre, il progetto “Plans & Slums” – Il diritto dei Rom ad abitare attraverso l’Europa, oltre i campi nomadi e le baraccopoli illegali: un caso studio tra Roma e Belgrado.
Si tratta di un seminario internazionale itinerante a Roma, a Belgrado e a Skopie che attraverso attività di studio, incontri con le comunità e iniziative culturali intende affrontare la questione dei Rom in Europa, le loro culture abitative e i modelli insediativi loro proposti in Italia.
Il progetto è nato da Stalker Osservatorio Nomade, una rete interdisciplinare di esperti ed artisti che lavorano sui territori in trasformazione, ha spiegato Francesco Careri Docente di Progettazione architettonica a Roma Tre. Da mercoledì 13 a lunedì 18 febbraio studenti, ricercatori e docenti di Architettura italiane e stranieri con 9 camper hanno visitato alcuni “campi” di Roma, per fare attività di studio, incontrare le comunità rom, capire quali sono le loro reali condizioni di vita e analizzare le soluzioni possibili tra i “campi nomadi” e le baraccopoli illegali. Si è unito alla “carovana” anche il camper della famiglia di Aldo Hudorovic, Rom Calderash di cittadinanza italiana che insegna nel corso “Nomadismo e città” della Facoltà di Architettura.
Sono quattro gli aspetti principali su cui si è concentrata la ricerca: i legami affettivi e giuridici che collegano ancora oggi i Rom che vivono qui in Italia ai familiari nei Paesi di origine, una mappatura delle relazioni che i singoli e le famiglie sono riusciti a costruire con i territori circostanti e la città, una mappatura degli insediamenti e dei dispositivi che controllano il “campo”, una rilevazione delle case o dei container nei quali vivono con le trasformazioni che sono state da loro stessi apportate.
Questo è un aspetto fondamentale della ricerca Plans&Slums, ha spiegato Careri. Cosa c’è tra il “campo nomadi” e la baraccopoli autocostruita? Noi riteniamo importante analizzare le alternative che i Rom sono riusciti a realizzare autonomamente. Molti di loro vorrebbero continuare a vivere in famiglie allargate, come accadeva in Italia 50 anni fa e riescono a costruire con i loro mezzi anche abitazioni di 100 mq. Noi vorremmo mettere a disposizione le nostre conoscenze urbanistiche e architettoniche per offrire un’alternativa come le micro aree dove questo sarebbe possibile, e superare la concezione del “campo nomadi”. Sappiamo bene che sono decisioni politiche impopolari da prendere ma nella scorsa Conferenza europea sulla popolazione Rom, promossa a gennaio dal Ministero degli Interni, è stato detto chiaramente da tutte le associazioni e le rappresentanze: basta campi, l’Italia è l’unico Paese ad avere ancora i questi insediamenti ghettizzanti. Ascolta gli interventi dei ricercatori...
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