Sull'ultima borsa che sta cucendo, Jeliza ci ha disegnato il ritratto di sua figlia Sabrina. Coi capelli neri e lunghi e il volto a tre quarti, sorride su uno sfondo di iuta arancione. “Però credo che questa non la venderò– dice – la voglio tenere per me, è davvero bella”.
Accanto, su quel tavolo di legno messo in mezzo alle roulotte, tra due macchine da cucire bianche e pezzi di stoffa e forbici e fili, ce ne sono almeno altre dieci pronte. Oggi si trovano tutte nello stand dell'Opera Nomadi che avrà il suo piccolo spazio espositivo durante la fiera Fa' la Cosa Giusta in corso a Milano fino a domani, domenica 13 aprile.
Colorate, dipinte a mano, cucite con pazienza. Borse di juta, insieme a collanine e braccialetti, confezionate dalle donne rom di un campo nomadi comunale in provincia di Milano.
Un modo per raccontare la loro storia di vita e dare di sé una versione diversa da quella che gira sui rom: “Sappiamo fare tante cose – spiega Jeliza – ma soprattutto abbiamo voglia di dimostrare che vogliamo integrarci, e non restare ai margini”.
Il progetto di un laboratorio artistico di sartoria è nato un anno fa. Le prime a realizzarlo sono state una decina di donne che vivono nell'insediamento legale di Rho: “Abbiamo creato una micro sartoria artigianale all'interno del villaggio – spiega Maurizio Pagani dell'Opera Nomadi – a gestirlo sono proprio le donne del campo che si ritrovano per cucire, ricamare, inventare e creare prodotti sartoriali e accessori, mischiando tradizione e creatività. E pare che le borse che producono incontrino il gusto della gente”. Qualche mese fa, durante una festa di paese di Rho, Jeliza e le sue compagne hanno tirato su un banchetto espositivo in cui mostravano le loro borse. Un arcobaleno di sacchetti buoni per farci la spesa, per infilarci i libri, buoni pure per i più sensibili al richiamo ecologico: basta plastica, sì alla fibra tessile. di Stefania Culurgioni, continua a leggere…
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