domenica 27 aprile 2008

Torino, desolazione e violenza in un "campo nomadi"

Avanza a passo d’uomo l’autobus, facendo lo slalom tra le buche di uno sterrato. Le donne e i bambini s’affacciano dai finestrini del bus, un cenno con la mano, un’occhiata alla baracca ormai disabitata. I poliziotti, in assetto antisommossa, se ne stanno appoggiati alle porte, pronti ad intervenire in caso di tensioni. Ancora qualche metro poi l’autobus giallo della Gtt destinato a questo strano servizio svolta in via Germagnano e sparisce dalla vista della gente che vive in questo enorme accampamento abusivo di rom, a due passi dagli uffici dell’Amiat. Furgoni bianchi e azzurri della polizia davanti e dietro, automobili dei vigili urbani.
Alle sette della sera, e dopo quasi dodici ore di discussioni, trattative, mediazione portata avanti dal gruppo di vigili urbani che da sempre si occupano di Rom, e dai poliziotti del commissariato Madonna di Campagna, torna la pace al “campo” di via Germagnano. Ma più che una pace è una tregua armata perché la faida che, ormai da troppo tempo, divide la gente che abita qui - circa trecento persone - è tutt’altro che finita.
Iniziata parecchi mesi fa ha avuto il culmine l’altra notte. Quando un uomo, Petrica Carderaru, 34 anni, è stato ferito con una coltellata all’addome e colpi di spranga alla testa. Lui adesso è ricoverato all’ospedale Giovanni Bosco: gravissimo. Quaranta giorni di prognosi, ma poteva finire molto peggio. Gli aggressori sono stati fermati nella mattinata di ieri dai poliziotti. Un ventenne è in carcere accusato di tentato omicidio.
E adesso le famiglia del ferito e quella degli aggressori sono state allontanate dall’accampamento. Per prima è stata sistemata la moglie dell’uomo ricoverato in ospedale: Ramona, che da sei mesi è agli arresti domiciliari in una baracca di legno e plastica ai confini del campo. L’hanno accompagnata in una comunità protetta. Con lei c’è anche il figlio di 16 anni, pure lui ferito nel raid della scorsa notte. Suo suocero, invece, è rimasto in via Germagnano, con i parenti più prossimi. Una ventina di persone dell’altra fazione, tutte donne e bambini, sono stati invece spostati in un accampamento alla periferia di Torino. Con loro non ci sono uomini. Quattro, infatti, sono in carcere accusati di estorsione. Altri due sono finiti nei guai per l’aggressione della notte scorsa. Continua a leggere…

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