Le vicende dello sgombero forzato dei campi di romeni dal quartiere napoletano di Ponticelli sotto la pressione di gruppi della popolazione esasperata e manovrata da nascosti fili ma non tanto costituiscono un‘autentico affaire che va disvelato con una corretta informazione ed interpretazione per cogliere la posta in gioco, gli attori secondo una regia nascosta ma reale, ed il concorso di fattori e disfunzioni che emergono alla prova dei fatti.
In primo luogo, la posta in gioco era la disponibilità di un’area occupata da campi abusivi di famiglie di rom per la costruzione di abitazioni, servizi privati e pubblici come il Palaponticelli, per la quale secondo il Programma di Recupero Urbano (PRU) approvato dalla Giunta Comunale erano destinati 67 milioni di euro.
Se entro il 4 agosto 2008 non iniziavano i lavori dei cantieri per gli edifici previsti venivano revocati i finanziamenti ministeriali con una perdita non solo per le imprese edili. Questo è il primo fatto ma altrettanto scatenante nella situazione di crescente degrado del quartiere è stato, a nostro avviso, il recupero di una sicurezza esistenziale minacciata non solo dai rom “ladri di bambini” - secondo uno stereotipo diffuso e confermato da un presunto rapimento di un bambino - e più in generale dal diverso che disturba per stile di vita e manifestazioni di devianza da standard sociali (sporcizia, roghi di copertoni per estrarne il rame, accattonaggio, ecc.). Quindi disponibilità di un’area da acquisire con modalità civili e così per il rapporto con il diverso da accogliere civilmente in vista di una possibile inclusione sociale. di Domenico Pizzuti, continua a leggere…
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