Siamo insegnanti di tutti gli ordini di scuole - dalla scuola per l’infanzia all’università - e lavoriamo per un'educazione linguistica democratica, per il diritto al possesso pieno della lingua come strumento di partecipazione effettiva alla vita democratica.
Il nostro impegno si svolge prevalentemente nella scuola ma siamo consapevoli del legame inscindibile fra la scuola e il contesto culturale e sociale in cui questa agisce. Perciò osserviamo con grave preoccupazione gli episodi di xenofobia e di razzismo che si sono manifestati in diverse regioni d’Italia e di cui vittime privilegiate sono gli stranieri poveri e - capro espiatorio per eccellenza – rom e sinti, rumeni o italiani non fa differenza.
Tale deriva razzista, che si è manifestata nel nord come nel sud d’Italia, non trova nelle istituzioni dello Stato i necessari anticorpi e le necessarie iniziative (culturali e sociali) di contrasto. Osserviamo invece che le affermazioni di alcuni autorevoli esponenti istituzionali e il cosiddetto pacchetto sicurezza, approvato recentemente dal governo, alimentano il sospetto e il rifiuto verso gli stranieri poveri, che vedono misconosciuti i loro diritti e che rischiano di diventare criminali per il solo fatto di essere entrati clandestinamente in Italia, nel tentativo di sfuggire alla miseria o alle persecuzioni.
Quanto ai rom, ancora prima dell’ultimo decreto che li riguarda, i loro diritti più elementari sono stati violati, ad esempio nel 2007 a Roma (quando un omicidio isolato è stato occasione per la distruzione del campo con le ruspe, con decreto del sindaco) e nel 2008 a Milano ( quando gli zingari, dopo lo sgombero della Bovisacca, sono stati inseguiti e dispersi).
Senza attenzione alcuna ai loro diritti di cittadini europei e senza tutela da parte delle istituzioni. Ma anche in altre città non è molto diverso. Ce lo confermano gli episodi terribili di Ponticelli, a Napoli, dove l’iniziativa della distruzione del campo si deve ad alcuni gruppi di cittadini Il nostro impegno per un’educazione linguistica democratica ci chiede anche un impegno per un’effettiva educazione alla cittadinanza.
Per questo vogliamo innanzi tutto denunciare la deriva razzista verso cui sembriamo incamminarci (come chiamare altrimenti il coinvolgimento di un’intera etnia nelle responsabilità di un singolo? Come valutare la sospensione dei diritti che i cittadini rumeni hanno acquisito come cittadini europei? Come non preoccuparsi dell’opposizione di alcune fasce di cittadini al progetto del comune di Venezia, che mira a offrire condizioni di vita decenti ai sinti, che sono fra l’altro cittadini italiani?).
Facciamo appello alle istituzioni (e innanzi tutto alle autorità scolastiche) perché si facciano carico di un problema così grave; la scuola, pur nei suoi limiti, offre, grazie alla sensibilità dei suoi operatori e delle sue operatrici, alcuni esempi eccellenti di inclusione: è necessario diffonderli e potenziarli, generalizzandoli.
Ma è necessario soprattutto che, come docenti direttamente impegnati nella crescita culturale delle nuove generazioni, assumiamo come nostro un problema che la storia dovrebbe averci insegnato a non sottovalutare: come ci ricorda anche l’insigne studioso Lorenzo Renzi, “la Germania nazista, nel 1933, ha privato gli zingari di tutti i diritti, li ha avviati ai forni crematori, dove ne sono scomparsi, pare, cinquecentomila”. Non possiamo rimanere in silenzio.
Vogliamo assumerci anche noi, qui, le nostre responsabilità: con l’osservazione critica dei comportamenti sociali; con la denuncia delle responsabilità istituzionali; con l’impegno progettuale e quotidiano negli ambiti di lavoro e di relazione sociale. Nella speranza che, anche a partire dalla scuola, siano i bambini e i ragazzi a diffondere in famiglia e nella società semi di educazione civica e interculturale. Giscel Sardegna, gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica
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