Ne siamo consapevoli: le estremizzazioni del politicamente corretto portano a risultati a volte grotteschi. E poi in tempi come questi non ci si può permettere di andare tanto per il sottile. Bisogna badare alla sostanza, come insegnano i cittadini che incendiano i “campi rom”. Altro che chiacchiere. Per Riccardo Noury, il direttore dell'ufficio comunicazione di Amnesty International Italia, questi concetti appartengono alla routine quotidiana. Il tono del suo messaggio, infatti, è cauto. Un suggerimento sottovoce: "Provate a digitare la parola "insediamento" nel "Grande dizionario di inglese" del vostro sito Internet".
Fatto. Ci sono due diversi significati di "insediamento". Il primo è quello del linguaggio istituzionale e il termine inglese corrispondente è "installation". Esempio: "L'insediamento del nuovo presidente" - "The installation of the new president". Il secondo appartiene al linguaggio comune e indica la presa di possesso di una zona o di un territorio da parte di gruppi umani organizzati. L'esempio è: "The gipsy settlement was contested by the local inhabitants" - "L'insediamento degli zingari è stato contestato dagli abitanti della zona".
E' questa frase ad aver colpito l'attenzione del responsabile comunicazione di Amnesty: "Con tutti gli esempi a disposizione - scrive nel suo messaggio - guarda un po' quale è stato scelto. Sarà un segno dei tempi?"
In effetti - se proprio si voleva parlare di un insediamento di “zingari” e non di pellegrini, di campeggiatori o di profughi - "the gipsy settlement" lo si poteva anche immaginare "realizzato nello spazio messo a disposizione dalle autorità comunali", o si poteva dire che era stato "visitato dagli assistenti sociali".
D'altra parte, se si va a cercare lo stesso termine in un dizionario della lingua italiana come lo Zingarelli, si trova un esempio completamente diverso: "Studiare gli insediamenti dell'uomo primitivo". Insomma, non c'è alcuna necessità di tirare in ballo gli “zingari”. Invece, nel dizionario online (più recente e più aggiornato di tutti gli altri) non solo si parla di "gipsy" ma si afferma che la loro presenza suscita fastidio tra i "local inhabitants". E' davvero un segno dei tempi?
Verifichiamo andando sul link che presenta il "Grande dizionario" e ne descrive la completezza e l'ampiezza. Apprendiamo che le voci sono ben 176.000 e i vocaboli, tra composti e derivati, sono addirittura 500.000. Veniamo a sapere che vi sono anche voci di lessici specialistici (economico-commerciale, tecnico-scientifico e medico) e "termini e locuzioni della lingua colloquiale". A questa categoria - la "lingua colloquiale" - appartiene la frase sul campo degli zingari. Una scelta neutra, dunque.
Il curatore del vocabolario, quando ha dovuto spiegare cosa è un "insediamento" nel senso di "settlement", ha scelto come esempio una delle locuzioni usate con maggiore frequenza nei nostri discorsi. Esattamente come, per chiarire l'uso del termine "ristorante", ha indicato la locuzione "to go to a restaurant", per il termine "casa" ha scelto frasi come "to look for a house" (cercare casa) o "to rent a house" (prendere in affitto una casa). In definitiva, l'ostilità degli abitanti del quartiere è ufficialmente, anche per il vocabolario, l'attributo colloquiale all'espressione "campo nomadi".
Sì, un segno dei tempi. Di tempi cupi. Il dubbio ha trovato conferma poco dopo. Conclusa la ricerca suggerita dal dirigente di Amnesty, abbiamo aperto la posta della rubrica. C'era questo messaggio, inviato da Padova: «Quando farete un discorso serio sugli zingari parlando con chi ci sta in mezzo? I miei amici carabinieri non ne possono più. Quando li arrestano, prima si sentono minacciati e, dopo 24 ore, li vedono liberi. Un carabiniere mi ha detto: "Se te ne trovi uno in casa non chiamarci neanche. Arrangiati. Fallo fuori e buttalo in un canale. Non faremo troppe indagini». Altro che politically correct, chiacchiere e dizionari. Gli altri NOI, di Giovanni Maria Bellu
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