Onorevole Ministro Maroni, chi Le scrive si fa portavoce della protesta di Insegnanti che sono accomunati da una esperienza didattica speciale e quanto mai significativa: infatti moltissime scuole molisane hanno avuto, o hanno tuttora, tra i loro alunni anche i ragazzi Rom.
Per la loro integrazione scolastica e sociale abbiamo lavorato tanto, talvolta con ottimi risultati, altre volte con notevoli difficoltà: ma si sa che questa è l’alterna vicenda di tutte le esperienze educative.
In questi giorni il “censimento” che è stato disposto in alcuni campi nomadi suscita una corale indignazione. I moduli predisposti dalle Prefetture non si limitano certo a verificare chi va a scuola e chi non ci va. Essi contengono la casella “etnia” che ripropone, a settant’anni di distanza, la vergogna delle leggi del 1938.
Non basta aver sostituito la parola “razza” con la parola “etnia” per rendere meno odiosa la schedatura che sta avvenendo in alcune “baraccopoli” del nostro paese. Il concetto di “etnia” appartiene all’antropologia culturale ed è estraneo all’area giuridica; e quello giuridico dovrebbe essere l’unico parametro a cui si attiene la pubblica amministrazione. Di questo passo, ritroveremo la casella “etnia” sui permessi di soggiorno. Infatti, perché mai le Questure dovrebbero chiedere questa informazione, se non intendono utilizzarla nella documentazione ufficiale?
No: noi non permetteremo che ai nostri alunni o ai loro genitori venga chiesto a quale “etnia” appartengono. Noi li abbiamo educati a pensare che esiste una sola razza: la razza umana. E tutto il lavoro “interculturale” che abbiamo svolto e stiamo svolgendo in scuola mira a far comprendere non solo agli alunni Rom, ma soprattutto ai loro compagni di scuola, che le differenze etniche sono davvero una grande ricchezza culturale, ma, per quanto concerne i “diritti”, è indifferente a quale “etnia” ciascuno appartiene.
E a noi insegnanti molisani non basta prendere atto che l’obbrobrio della “schedatura” sarà risparmiato ai Rom della nostra regione. Noi ci facciamo carico del popolo zingaro di tutta Italia.
Noi protestiamo affinché nessuna procedura “specifica” sia “riservata” ai bambini Rom. Del resto, che significa “Rom”? Include anche i Sinti? E come si fa a sapere se una persona è “zingara”? basta che sia zingaro uno dei due genitori? C’è tutta una casistica che il regime fascista elaborò per distinguere i “mezzo-sangue” dai “purosangue” eccetera. Se il Ministro Maroni vuole guadagnare tempo per le sue schedature, può copiare i regolamenti del 1938.
Ma i moduli della Prefettura contengono perfino la casella “religione”. Noi abbiamo tanto rispetto per la religiosità individuale di ciascuna persona, che ci ripugna la sola idea che questa appartenenza religiosa possa andare a finire su un modulo della Prefettura: anche perché la scelta del culto è un fatto così intimo che può variare una o più volte nel corso della vita. Mi dica, Ministro Maroni: se io decido di diventare Buddista, devo avvertire la Prefettura?
“Schedare” l’appartenenza religiosa è estraneo alla cultura europea da almeno tre secoli. E non prendeteci in giro dicendo che dichiarare la propria religione serve per organizzare luoghi di culto!
Una cosa è certa: l’unica “schedatura” che serve ai bambini è l’anagrafe scolastica. Essa riguarda tutti indistintamente; esiste da cento anni e non c’era bisogno del ministro Maroni per inventarla. Compete ai Comuni censire tutti i bambini in età di obbligo scolastico, trasmettendo gli elenchi alle scuole di competenza. Se i Comuni si attiveranno in tal senso, faranno solo il loro dovere.
Non è un caso che sia il Ministro degli Interni, e non il Ministro dell’Istruzione, a dedicare una “attenzione” così particolare ai bambini Rom. Se è vero che vogliamo evitare che i bambini vivano in mezzo ai topi, non sarebbe meglio schedare i topi, anziché i bambini? Se il vero scopo fosse di portare a scuola tutti questi bambini, tale iniziativa governativa avrebbe il consenso di tutti noi, e avrebbe la convinta collaborazione dell’Opera Nomadi, della Them Romanò, della Sucar Drom, del Centro Studi Zingari, dell’AIZO, di tutte le associazioni che probabilmente il Ministro Maroni non conosce.
Da decenni gli insegnanti italiani moltiplicano i loro sforzi per una buona scolarizzazione dei bambini zingari. Ma questo richiede che le scuole abbiano le risorse per allungare il tempo-scuola, e che i Comuni abbiano le risorse per i trasporti e la refezione. Invece se il Governo crede che basti mandare i poliziotti nelle baraccopoli, evidentemente non ha la più pallida idea delle modalità vincenti per l’integrazione scolastica degli zingari.
Nel 1938, quando come un fulmine si abbatterono sull’Italia le leggi razziali, chi rimase sconvolto non furono soltanto gli antifascisti, ma anche tante persone con la tessera del partito fascista in tasca. E anche oggi l’indignazione sorge tra persone che non sono tutte di sinistra, sono molto differenti tra loro per quanto concerne le loro idee politiche e le loro scelte elettorali, ma credono nell’articolo 3 della Costituzione e nella dignità di ogni essere umano.
Onorevole Ministro! se vorrete sapere quale è la “etnia” di ciascuno di noi, ebbene, risponderemo così: “siamo essere umani”, diversissimi per etnia, ma tutti con uguali diritti. E se volete le impronte digitali di chi abita nella baracche, allora schedateci tutti. di Fiora Luzzatto
Per aderire all’appello rivolgersi a: fioraluz@hotmail.com, oppure: redazione@altromolise.it
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