Il dibattito svoltosi stasera al Parlamento europeo di Strasburgo sulle misure italiane per il censimento in alcuni campi nomadi era stato chiaramente organizzato con lo scopo di fare pressioni sul governo di Roma. Che questo fosse l'obiettivo lo si capiva dal titolo stesso del dibattito : "Creazione di una banca dati per le impronte digitali dei rom in Italia".
Un titolo che, si è affrettato a dichiarare il ministro degli Interni Roberto Maroni, non corrispondeva alla realtà, visto che, ha precisato, il governo non vuole creare una 'banca dati' (consultabile, cioè, per qualunque motivo e non sottoposta alle norme di protezione della privacy) e non vuole neanche prendere di mira un gruppo etnico distinto, i rom, ma solo identificare con certezza tutti gli occupanti dei campi nomadi, compresi i minori.
Maroni queste cose le ha detto oggi a Cannes, a margine della riunione informale dei ministri degli Interni dell'Ue, al commissario europeo alla Giustizia, il francese Jacques Barrot; facendo notare che il provvedimento del governo non menziona esplicitamente i rom, né la raccolta delle impronte digitali , o qualsivoglia banca dati, né riguarda tutti i campi nomadi sul territorio nazionale (sono interessati solo quelli sui territori di Roma, Napoli e Milano). E ne ha parlato anche con l'eurodeputato belga Gerard Deprez (Alde), che si trovava a Cannes, e che presiede l'influente commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo. Deprez ha avuto da Maroni l'impegno a facilitare una missione di eurodeputati nei campi nomadi italiani per verificare la correttezza del 'censimento'.
Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri Franco Frattini (in foto) telefonava al capogruppo del Pse a Strasburgo, il tedesco Martin Schulz, per assicurarlo della volontà del governo italiano di muoversi nel rispetto del diritto comunitario.
Si è trattato, insomma, di una vera e propria offensiva diplomatica: Deprez e Schulz hanno un ruolo importante nella maggioranza di centro sinistra e liberali che emerge nell'Europarlamento ogni volta che si discute di diritti e libertà civili, ed è chiaro che le attenzioni di cui sono stati fatti oggetto da parte di esponenti di primo piano del governo italiano miravano all'obiettivo di evitare un voto di Strasburgo che condanni l'Italia. Vedremo giovedì mattina, quando sarà votata la risoluzione dell'Europarlamento, se quest'offensiva diplomatica avrà avuto successo. Per ora, quel che che è certo è che ha condizionato il dibattito in Aula, inserendo un motivo di incertezza in chi ha attaccato il governo italiano (e sono stati davvero in molti, anche nelle file del Ppe, a denunciare il rischio di 'razzismo' nelle misure annunciate da Maroni), ma anche la consapevolezza - apparsa nell'intervento di Sculz, e anche in quello della leader verde Monica Frassoni - che proprio questo dibattito abbia avuto l'effetto di modificare la posizione italiana, depurandola degli aspetti più censurabili.
Nessun commento:
Posta un commento