Mentre il governo tira dritto sulla linea della “tolleranza zero” in materia di immigrazione clandestina e “sicurezza” – da ultimo è arrivato l’annuncio della “schedatura etnica” con impronte digitali per tutti i rom, minorenni compresi, presenti sul territorio nazionale –, si levano ancora una volta dal mondo cattolico parole profetiche che mettono in guardia dal rischio di una deriva xenofoba e repressiva.
E se molte sono state sin qui le testimonianze di preti e laici impegnati in prima persona sulla frontiera della marginalità e del disagio sociale, cominciano a circolare prese di posizione coraggiose anche da parte di alcuni membri della gerarchia ecclesiastica, nonostante l’apertura di credito senza precedenti che la Santa Sede ha garantito al nuovo governo.
In occasione della festa di San Giovanni Battista, patrono della città, il cardinale di Torino Severino Poletto ha pronunciato un accorato appello a non lasciarsi “incatenare dal panico, dallo scoraggiamento, dal senso di incertezza”, che sorgono nel momento in cui ci si trova a fronteggiare la novità costituita dalla “presenza di persone che per circa un decimo dell'intera popolazione provengono da altri Paesi, da altre culture e con altre convinzioni religiose”.
“L'occhio misericordioso di Dio - ha continuato il cardinale - ci aiuta a non rimanere alla superficie della questione. Così come capitò nel difficile momento del primo incontro tra le comunità cristiane provenienti dal giudaismo e quelle di origine pagana, anche noi dobbiamo procedere ad un serio discernimento alla luce della Parola di Dio e della preghiera. Un discernimento che ci aiuti a capire che il futuro di Torino va costruito ‘insieme’ e non ‘contro’, nella logica evangelica del bene comune, che pone nelle mani di ognuno la responsabilità verso tutti, postulando per ciascuno diritti e doveri. L'incontro con lo straniero non può in alcun modo sottovalutare o eludere il dovere di onorare la dignità dell'altro, specie se costretto a fuggire da conflitti o da situazioni di povertà”.
“Non servono facili slogan demagogici, non serve usare toni polemici fomentando il clima del sospetto e della contrapposizione”. Poletto non ha mancato di fare un esplicito riferimento, “con particolare sofferenza nel cuore, ai fratelli e sorelle, soprattutto minori, delle diverse etnie rom presenti - seppur in numero contenuto - nella nostra regione e in città”: “Dobbiamo convincerci che esiste un diritto di convivere tra popoli diversi”.
Mons. Enrico Masseroni, arcivescovo di Vercelli, ha invece stilato un ‘decalogo’ “per illuminare le coscienze dei credenti e degli uomini di buona volontà” sulla delicata questione dell’immigrazione e sul dibattito politico da essa generato. Nel primo punto del decalogo si ricorda che la Chiesa deve essere “sentinella vigile di tutti i valori e in particolare di quelli non negoziabili, che ruotano attorno alla sacralità intangibile della persona” e richiamano quindi “il comandamento dell’amore accogliente”.
Ma l’arcivescovo non si limita alle dichiarazioni di principio e si schiera apertamente contro una delle norme più controverse fra quelle proposte dalla nuova maggioranza di governo: “L’immigrazione clandestina non può essere ritenuta reato. Questa impostazione rischia d’essere impraticabile per il grande numero di persone coinvolte; è ipocrita e contraddittoria per il fatto che ampi settori della società italiana (famiglie comprese) impegnano lavoratori e lavoratrici in posizione irregolare; è soprattutto iniqua se pensiamo alla storia drammatica che appartiene ad una persona impedita di abitare la terra con dignità”.
Parole estremamente dure sono state pronunciate dal vescovo di Alba, mons. Sebastiano Dho, autore di un documento intitolato “il reato di essere uomini”: “Sinteticamente così potremmo definire - scrive mons. Dho, spiegando il senso del titolo utilizzato - l’oggetto in questione di certi progetti di legge, per ora solo deprecabili ipotesi che ci auguriamo restino tali, riguardanti la dignità e la libertà di essere umani colpevoli solo, fino a prova contraria, di cercare pane e lavoro in Paesi diversi dai loro, spesso in condizioni disperate”. “Ci riferiamo precisamente e direttamente, senza mezzi termini o timori di disturbare ‘il manovratore’, ai disegni di leggi governative che prevedono di modificare addirittura il codice penale o sue applicazioni, istituendo il reato di clandestinità, l’aggravio di pena in caso di violazioni di leggi già vigenti, solo in base a diversità di provenienza, la trasformazione dei Centri di identificazione in vere e proprie carceri, le gravi difficoltà di ricongiungimento familiare. Così pure a tutti quei segni gravemente preoccupanti che da tempo stanno imponendosi all’attenzione anche dei più distratti, vedi la violenta e programmata cacciata indiscriminata dei rom, con degli autentici pogrom. Di qui alle leggi razziali di sciagurata memoria il passo è più breve di quanto si possa credere”.
Desta grande preoccupazione dal punto di vista pastorale, ha aggiunto il vescovo, “l’atteggiamento dei cristiani, sia singoli che come comunità ecclesiale, a riguardo di questi gravi problemi”: “Siamo convinti che tenendo conto della larga adesione anche nelle nostre terre a forze politiche sociali ispirate a teorie razziste e xenofobe, un serio esame di coscienza s’imponga urgentemente per le comunità cristiane, poiché qui si tratta di veri valori ‘non negoziabili’ (la dignità della persona e la vita stessa!) e occorra perciò ricordare a tutti, smascherando ogni ipocrisia o illusione, ciò che ha scritto in tempi drammatici ed eroici il grande martire vittima del nazismo Dietrich Bonhoeffer: ‘Chi non grida a difesa degli ebrei non può cantare in gregoriano!’”.
La Fondazione Migrantes della Cei ha infine diffuso un comunicato al termine del “Corso di Pastorale migratoria” organizzato nei giorni scorsi a Verona: “Si assiste di giorno in giorno - si legge nel documento - nei confronti di immigrati e rom, al paventare provvedimenti restrittivi e discriminatori che, prima ancora di essere attuati, destano allarme ed agitazione generale con la previsione di tempi burrascosi”. “Tutto questo non significa smorzare le paure e dare tranquillità alla nostra gente ma porre le premesse per riesumare una specie di xenofobia o peggio di discriminazione razziale, di cui anche in Italia si è fatta amara esperienza e della quale non si sa chi possa beneficiarne”.
Ma c’è stato anche chi, come l’Arcivescovo di Crotone mons. Domenico Graziani, ha criticato la linea di Famiglia Cristiana e ha difeso esplicitamente le misure del governo. “In linea teorica, ma solo teorica - ha detto mons. Graziani, intervistato dal sito www.miliziadisanmichele.org Famiglia Cristiana parla bene. Ma che ne sanno loro? Nel loro servizio partono dal buonismo cattolico autolesionista che alla fine premia giochi o interessi criminali molto più forti e presenti”. Alla domanda del giornalista se sia favorevole alla schedatura dei bambini rom con impronte digitali, l’arcivescovo ha risposto: “Nel concreto, sì. Ho parlato a lungo con le forze di polizia, con il Prefetto e mi sono fatto un’idea chiara. Le impronte servono per dare un’identità a bimbi che spesso non la hanno. Non possedendo dati documentali si prestano al commercio degli organi, a delitti su commissione da parte di bande di adulti senza scrupoli. Insomma, tutti noi chiediamo collaborazione alla polizia e alle forze dell’ordine, quando qualcuno si muove come ha fatto il Governo, ecco le critiche. È necessario dare un’identità a questi bimbi proprio nel loro interesse e per stroncare traffici criminali”.
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