
Era la metà di luglio e da quel momento la metamorfosi nelle posizioni del titolare dell’Interno, e soprattutto della chiesa sul tema delle impronte, è stata lenta ma costante. Bagnasco non si è quasi più pronunciato sul tema; “Avvenire” - che della Cei è l’organo di stampa - ha mitigato le posizioni e meno bordate sono giunte pure da “Famiglia Cristiana”, il settimanale dei paolini che ha una linea editoriale diversa, ma è pur sempre un punto di riferimento per i credenti di tutt’Italia.
Le scelte del governo hanno fatto il resto. Con il consiglio dei ministri del primo agosto si è stabilito di “congelare” ogni scelta definitiva in materia di rilievi dattiloscopici fino a settembre, in attesa di avere un parere della Commissione europea che aveva fino a d allora criticato il Viminale.
La notizia del blitz è stata confermata ieri al Secolo XIX dal ministro stesso, attraverso il suo staff: Maroni ha ribadito d’essere stato a Genova nel periodo compreso fra l’8 e il 13 luglio (non ha volutamente specificato la data e, ironia della sorte, il 10 fu organizzata un’iniziativa dell’Arci contro il “censimento” cui prese parte don Andrea Gallo) per un colloquio «informale».E ha aggiunto un dettaglio d’un certo rilievo, per calibrare l’attenzione che l’esecutivo Berlusconi riserva ai rapporti con il numero uno della Cei. Sentendosi «sotto attacco», chiese a Bagnasco un faccia a faccia proponendo come sede Roma. Ma dalla Liguria, insieme a una dichiarazione di disponibilità, giunse l’esplicita richiesta di organizzare la cosa all’ombra della lanterna nonostante il cardinale sia spesso nella capitale.
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