La piccola Pompea non poteva sapere a quale pericolo sarebbe andata incontro. A quattro anni da poco compiuti, quella presa della corrente era solo un gioco come un altro. Un oggetto da tormentare, da esplorare centimetro per centimetro. Come fanno tutti i bambini piccoli con le cose che non conoscono. Fino a quando le sue ditine da bimba non hanno toccato quel cavo spelacchiato. E il suo corpicino è stato attraversato da una scarica da 220 Volt che per poco non la uccideva. Folgorata per un gioco che poteva trasformarsi nella peggiore delle tragedie.
Tutti, al “campo nomadi” di strada Aeroporto sanno benissimo che le colonnine che riforniscono di elettricità roulotte e baracche possono trasformarsi in trappole mortali. «Sono vecchie di trent’anni - spiega uno degli abitanti - e molte sono quasi inservibili. In queste condizioni, la sicurezza è solo un’opinione».
Tutte cose che, a quattro anni, la piccola Pompea non poteva sapere. E quindi le è sembrato del tutto normale toccare quella presa elettrica piena di cavi scoperti e guaine rosicchiate dai ratti. Fino a quando la corrente non ha iniziato a passare attraverso le sue membra. Per lunghissimi, interminabili, secondi, senza che il salvavita scattasse.
Non appena si sono accorti della tragedia in atto, gli uomini e le donne del campo hanno immediatamente soccorso Pompea, staccandola dall’abbraccio mortale dell’alta tensione. I sintomi che presentava il suo corpicino erano quelli tipici di una folgorazione: labbra violacee, pallore cadaverico, respirazione debolissima e affannata. Un quadro clinico che lasciava poche speranze e poco tempo per tentare di salvare la vita alla piccola.«Quando l’abbiamo vista in quelle condizione - continua uno degli abitanti del “campo” - abbiamo subito caricato Pompea in macchina e l’abbiamo portata in ospedale. Eravamo tutti disperati, terrorizzati che non ce la facesse. E invece, i medici del Maria Vittoria hanno compiuto il miracolo». Ora la piccola sta affrontando la sua lenta convalescenza. E dopo la tragedia sfiorata, il Comune si è deciso a rifare l’impianto di illuminazione che per poco non la uccideva. di Paolo Varetto
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