Il Terzo Reich li accusò di «wandertrieb», istinto al nomadismo. Un morbo incurabile, secondo i nazisti, dal quale tutti i Rom e i Sinti sarebbero stati affetti. Un pregiudizio che costò la vita ad almeno 600 mila Rom e Sinti. Nella sola Auschwitz ne furono sterminati 23 mila, senza contare le esecuzioni sommarie da parte delle SS avvenute fuori dai campi di concentramento. Furono rastrellati ovunque e internati nei lager dopo che, il 16 dicembre 1942, Himmler, comandante supremo delle SS, aveva firmato il "decreto Auschwitz" con il quale si avviava «la soluzione finale del problema zingari». Ancora oggi, però, quando si parla di Olocausto, in tanti faticano a ricordare quello sterminio. Senza contare che solo nel 1980 il governo tedesco ha riconosciuto che i Sinti e i Rom, sotto il regime nazista, avevano subito «una persecuzione razziale».
«Uno dei motivi di questa scarsa memoria», precisa monsignor Agostino Marchetto, presidente del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, «è che i Rom e i Sinti non hanno uno Stato alle spalle che salvaguardi la loro identità e i loro diritti. È dunque facile che siano presi di mira e discriminati, così come è facile non riuscire a tramandare la storia che si è vissuta». Continua a leggere…
1 commento:
E' uno splendido articolo.
Da ateo ammiro questo modo di essere cristiani.
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