Come è stato detto in molti interventi di questi giorni, la cosiddetta ovovia che arrancherà su un lato del ponte della Costituzione [tale denominazione non è ancora ufficiale. Si tratta infatti, al momento, di una proposta del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, N.d.R.] non verrà mai utilizzata: per la sua scomodità, per la sua lentezza, per il disagio, anche simbolico, che ne caratterizza l'uso e perché là dove parte questo ridicolo aggeggio, parte anche un grande numero di vaporetti che in tre minuti uniscono i due lati della città.
Nonostante questo, si stanno spendendo un sacco di soldi a cui vanno aggiunti gli ignoti, ma certamente grandi, oneri di gestione che peseranno anno dopo anno sulla città, per realizzare un'opera del tutto e dichiaratamente inutile.
Si dice che si tratta di un intervento indispensabile per legge in quanto un'opera pubblica dev'essere priva di barriere architettoniche e che è stato un errore (del progettista, dell'Amministrazione?) non avere previsto in sede di progettazione un supporto meccanico per l'attraversamento del ponte. Due affermazioni non vere.
Innanzi tutto se si guardano le spallette terminali in pietra d'Istria, si vedrà che esse hanno un alloggiamento pensato da Calatrava per accogliere il servo scala, qualora fosse stato necessario. Anche il servo scala non verrebbe mai utilizzato, ma almeno costerebbe una frazione dei costi dell'ovovia e non creerebbe pregiudizi alla qualità dell'opera.
Ma c'è di più. Il ponte non è un'opera pubblica che debba essere fruita in quanto tale (e infatti l'ovovia non ne consente la fruizione, ma è un aggeggio posticcio che corre a lato del ponte e potrebbe benissimo essere altrove), bensì una delle strutture di collegamento tra due parti della città - Piazzale Roma e la Ferrovia - che debbono essere raggiunte senza che vi siano barriere architettoniche. Come per collegare i diversi piani di un edificio pubblico vi sono le scale e gli ascensori, per collegare quelle due parti di città vi sono i ponti (le scale) e i vaporetti (gli ascensori). Si può dire anzi che quella è una delle poche parti di Venezia accessibile a tutti.
Dunque la polemica sulle barriere architettoniche relative a quella specifica opera può essere capita e, in questo senso, può anche avere avuto una forte e giusta funzione simbolica, come uso strumentale del nuovo ponte progettato da un grande architetto per porre un problema reale che riguarda tutta Venezia (ma non, paradossalmente, quella parte di città).
In conclusione, non solo il ponte dovrebbe essere inaugurato con orgoglio e senza i timori di una contestazione becera e strumentale, ma si dovrebbe anche avere il coraggio di interrompere la realizzazione della ridicola, costosa e inutile ovovia.
Ma allora da dove nascono queste polemiche che rendono così difficile governare la nostra città? Qualche giorno fa, ai piedi del ponte della Costituzione, un banchetto con una scritta no rom raccoglieva firme contro la realizzazione del villaggio per i nostri concittadini di etnia sinti.
I promotori del banchetto appartengono a quei settori della città che a suo tempo si sono opposti alla realizzazione del ponte e che oggi, perduta quella battaglia, perseguono l'abbassamento del tasso civico e culturale di Venezia, opponendosi alla sua inaugurazione.
Le due questioni sembrano distanti, ma stanno assieme. Si tratta di due interventi, tutto sommato, di modesta entità: un ponte pedonale e un piccolo gruppo di alloggi per centocinquanta persone. Essi sono tuttavia accomunati da un grave difetto: escono dalla normalità ed elevano il livello delle decisioni politiche.
Generano sentimenti di diffidenza contro chi si permette di credere che Venezia possa ancora realizzare opere utili e belle capaci di misurarsi con il proprio passato e con la cultura internazionale, e di paura e di rabbia contro chi si permette di proporre interventi che favoriscono una parte diversa della popolazione e di immaginare un futuro moderno e solidale per la nostra città.
Per alcuni il ponte della Costituzione è eccessivamente distante dalla propria capacità di vedere e vivere Venezia e il nuovo villaggio per i sinti rende troppo pericolosamente normali quei nostri concittadini che hanno un modo di vivere non omologabile alla normalità accettata.
E' l'incapacità di una parte di veneziani di essere all'altezza di Venezia che penalizza tutta la città e tutti i suoi cittadini e ne compromette il futuro. di Roberto D'Agostino, urbanista
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