lunedì 27 ottobre 2008

Roma, la parrocchia di San Cleto a San Basilio

Cinquanta anni fa, al quartiere San Basilio, per poter partecipare alla Messa, la gente la domenica accorreva davanti ai pulmini. «Li aveva messi a disposizione l’Azione Cattolica femminile per le borgate romane. Erano una specie di "chiesa mobile"», racconta il parroco di San Cleto, padre Giovanni Ferraresso. Di abitanti se ne contavano pressappoco 3mila. Per lo più marchigiani ed abruzzesi. I servizi primari mancavano. Le case erano state costruite su un’area abusiva. «Ma allora si respirava un’aria di paese. Tutte le grandi feste le celebravamo tutti insieme».
Oggi qualcuno tira fuori pure le foto in bianco e nero di un gruppo di bambini dell’oratorio, in calzoni corti. «Questo qui ero io», dice con orgoglio Marcello Matteucci, ministrante e catechista, che qui tutti chiamano ancora «Marcellino». Dopo cinque decenni, la comunità che ormai ha visto trasformare quel paese di borgata in un quartiere di 10mila abitanti («al catechismo - sottolinea il parroco - ora vengono capoverdiani, brasiliani, asiatici, c’è stato un interessante rimescolamento della zona») ha voglia di festeggiare ancora insieme. E così, domenica scorsa, per il cinquantenario della parrocchia, affidata alla congregazione di Gesù Sacerdote, in 150 circa si sono ritrovati a pranzare nei locali della parrocchia. I festeggiamenti hanno preso il via con la celebrazione della Messa, presieduta da padre Gian Luigi Pastò, superiore generale della Congregazione fondata da padre Mario Venturini nel 1926 «per la santificazione dei sacerdoti».
«L’attività parrocchiale - spiega padre Pastò - non è insita nella nostra Congregazione». Per questo, «quando 50 anni fa si prospettava per i giovani preti di fare un’esperienza pastorale, i sacerdoti di allora rimasero perplessi». Ma i giovani religiosi «furono accolti subito familiarmente dalla gente del posto», come ricorda Rossana Pieragostini, catechista. Oggi il contesto sociale è cambiato: «Manca la coesione sociale - spiega il parroco -, è difficile aggregare popoli e lingue diverse».
Ma la parrocchia continua a mantenere fede allo spirito di accoglienza. I volontari del gruppo Caritas ogni settimana distribuiscono indumenti e pacchi viveri a circa 30 famiglie. «Si tratta per lo più di stranieri, soprattutto rom», spiega Sandra Torrice, una dei 25 volontari. In realtà, negli ultimi 5 anni le richieste sono aumentate. Ma la comunità continua a darsi da fare per accontentare tutti. «Ora - sottolinea Silvana Ceci - vorremmo riuscire a potenziare anche il Centro di ascolto». Tra i vari gruppi presenti in parrocchia, oltre a quello delle famiglie e dei giovani, attivi l’Apostolato della Preghiera, l’associazione San Filippo Neri, il gruppo dei Cavalieri di Malta.

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