martedì 14 ottobre 2008

Roma, lettera aperta al Prefetto Mosca

Gentile Prefetto, Le scrivono alcune associazioni che da circa tre anni si stanno occupando della situazione dei rom nella città, ponendo particolare attenzione alle numerose famiglie che abitano in quelli che vengono chiamati in maniera significativa “insediamenti abusivi”, ovvero nelle baracche di cartone, legno e lamiera costruite sugli argini dei fiumi, sotto i ponti e i viadotti o semplicemente negli angoli nascosti della città.
Negli scorsi mesi dominati dall’ossessivo allarme sulla presenza dei rom nelle città italiane e dalle proposte più disparate e pericolose non abbiamo potuto non apprezzare il Suo atteggiamento, sempre attento ai principi fondamentali del diritto e al rispetto della persona.
Tuttavia il nostro lavoro quotidiano a contatto con gli uomini, le donne e i bambini che vivono sulla loro pelle la condizione di precarietà e di rischio, ci ha permesso di vedere anche da un altro punto di vista queste settimane di polemiche e censimenti.
Dalla seconda metà del mese di agosto molti degli stessi insediamenti che alcune settimane prima erano stati visitati dalla Croce Rossa Italiana hanno ricevuto la visita inaspettata di unità miste, composte prevalentemente da giovani militari della Folgore in tenuta mimetica e generalmente guidati da almeno un poliziotto del corpo della Polizia Fluviale.
Poliziotti e militari entravano negli insediamenti dicendo che dovevano controllare chi c’era e chi non c’era, ed effettivamente chiedevano documenti a tutti i presenti, dando vita ad un parallelo e silenzioso censimento.
In tutti i casi alcuni dei residenti controllati (generalmente gli uomini, ma in diverse occasioni anche le donne) sono stati portati in questura, dove hanno passato diverse ore, a volte la notte intera, in attesa del canonico controllo dei documenti.
Gli stessi insediamenti sono stati visitati più volte con una escalation di tensione, di minacce e di paura: in molti casi amici e conoscenti rom ci hanno raccontato di vere e proprie violenze gratuite contro le persone e contro le cose: tende tagliate, materassi e coperte gettate via, uomini picchiati.
Almeno in due occasioni sappiamo per certo che queste visite sono state realizzate in piena notte, e anche in quelle occasioni i militari e i poliziotti hanno costretto uomini, donne e bambini (in uno dei campi visitati di notte abitava una donna che aveva partorito una bambina solo dieci giorni prima) ad uscire dai loro ripari, a schierarsi nello spazio più ampio a disposizione, a tirar fuori i propri documenti per l’ennesimo e inutile controllo.

Sorvolando solo per questioni di tempo sulle modalità con cui paracadutisti e poliziotti sono entrati nei campi e nelle misere case, sulle capacità di comunicare e comprendere le diverse situazioni, l’obiettivo esplicito di tutte queste visite era sempre lo stesso: annunciare l’imminente distruzione totale dell’insediamento, spingere con modi bruschi e concreti ad andarsene, far presagire il rischio di ritorsioni ben più gravi per chi avesse deciso di rimanere in quel campo. E questo è effettivamente successo.
Nel quadrante sud della città sono stati distrutti e sgomberati diversi insediamenti: decine di baracche nella zona della Magliana e di Ponte Marconi sono state abbattute a calci e le persone costrette alla fuga spesso senza nemmeno avere il tempo di recuperare gli oggetti personali o almeno una coperta per la notte.
In nessuna occasione era presente personale della Croce Rossa o dei Servizi Sociali Comunali e famiglie intere sono state semplicemente lasciate per strada senza alcuna indicazione e alternativa.
Paradossalmente uno degli insediamenti sgomberati è stato quello in cui è stato avviato il censimento romano; così dopo la visita degli operatori della Croce Rossa, dopo i servizi televisivi e le foto sui giornali, dopo la partecipazione, le promesse e le aspettative, quelle persone si trovano ora per strada, a cercare ogni notte un riparo diverso.
Non è nostra intenzione avviare in questa sede un ragionamento, comunque necessario e urgente, sulla utilità delle misure straordinarie e sul censimento.
Non possiamo tuttavia non denunciare con forza che quelle misure minime di garanzia che lei stesso aveva più volte dichiarato agli organi di stampa, in particolare l’assicurazione che non ci sarebbe stato alcuno sgombero fino al termine delle operazioni del censimento, sono state ampiamente contraddette e disattese. Come nei mesi precedenti alla Sua nomina, la modalità di intervento delle Istituzioni è stata sempre la stessa: creare un clima di paura e costringere materialmente alla fuga chi abita nelle baracche e nei ripari di fortuna.
A questo servono i commissari speciali e l'esercito nella città? Sono queste le politiche attive per la sicurezza che dovrebbero favorire l'inclusione sociale e la legalità?
ARPJ – Tetto, POPICA ONLUS, GRUPPO EVERYONE, ARCI di ROMA

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