martedì 28 ottobre 2008

Sotto la soglia, a casa degli immigrati

Come e dove abitano gli immigrati nel Sud d'Italia. Tutti i numeri nell'indagine "Sotto la soglia" coordinata da un network di associzioni.
Un’emergenza a macchia di leopardo quella della casa per gli stranieri al Sud. Così la fotografa la cooperativa Alisei che nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero del Lavoro, assieme ad altre realtà non profit (Cidis Onlus, Cipac, Cles s.r.l, Promidea Soc. coop, e Solco) ha curato un’indagine, “Sotto la soglia”, sul disagio abitativo al Sud. Sono stati 8.420 gli immigrati intervistati in quattro regioni del Sud: Calabria, Campania Puglia e Sicilia. Oltre ad essi, il gruppo di ricerca coordinato da Carla Barbarella, ha intervistato anche 100 osservatori, tra amministratori locali, dirigenti sindacali, e operatori del Terzo settore
L’emergenza è tale in tutto il Sud, anche se la percentuale di stranieri residenti è molto inferiore rispetto al Nord (varia dal 2 e il 3% contro il 6% attestata nel Nord-Est). Ma le sue caratteristiche variano da Regione a regione in base alle caratteristiche insediative, economiche, occupazionali delle aree regionali di riferimento. Il 60% degli immigrati trova un alloggio grazie alle segnalazioni di amici e conoscenti, il 17% grazie ai datori di lavoro e i restanti attraverso i canali tradizionali. Per molti di essi, la mobilità è uno stile di vita: più della metà degli immigrati intervistati ha cambiato casa 2 o 3 volte in 5 anni. Il più delle volte la qualità abitativa si costruisce col tempo: la maggior parte all’inizio si accontenta di posti letto o coabitazioni forzate. Le soluzioni abitative trovate sono spesso irregolari, soprattutto in campagna dove il 40% degli intervistati non ha un contratto d’affitto: la percentuale scende al 27% nelle periferie urbane e al 22 nelle città.
In Campania, oltre il 50% degli immigrati non dispone di un appartamento in affitto (89mila in totale), ed è costretto ad accontentarsi di un semplice posto letto, oppure a vivere nella stessa abitazione del datore di lavoro. Il disagio è soprattutto urbano. Nell’area metropolitana di Napoli e provincia si riscontra una vera e propria emergenza: gli immigrati sono costretti a vivere in edifici industriali abbandonati, in cantieri navali in costruzione o in baracche costruite sotto cavalcavia e tangenziali.

In Puglia la situazione è molto variegata. Nei pressi delle grandi metropoli (Bari in primo luogo), è facile trovare una sistemazione ma bisogna rinunciare alla privacy. Il sovraffollamento è il problema principale: solo l’1% degli immigrati intervistati vive da solo e il 28, 5% convive con persone che non fanno parte del suo nucleo famigliare. Nelle aree rurali, c’è più spazio, ma soprattutto nel Foggiano si tratta di edifici fatiscenti e privi di servizi utilizzati come basi di appoggio da braccianti e lavoratori stagionali.
In Calabria l’emergenza si consuma soprattutto nelle aree rurali dove si concentrano campi rom e insediamenti temporanei. Il 40% degli stranieri vive in una situazione di disagio abitativo grave. Si tratta di un numero che, a seconda delle stime, oscilla tra le 14 mila e le 22mila persone, concentrate soprattutto nella piana di Gioia Tauro e nella Sibaritide: la maggior parte vive in casolari abbandonati o diroccati, in attesa di un “caporale” che li assuma a giornata. In Calabria, solo un immigrato su tre riesce a trovare una soluzione abitativa soddisfacente.
Infine in Sicilia (più che altrove) il disagio abitativo è legato alla stagionalità del lavoro. In totale colpisce circa 60mila persone, soprattutto nelle zone rurali dove il 58% degli immigrati è costretto a spostarsi periodicamente all’interno dei confini regionali seguendo i cicli colturali. Nei grandi centri urbani, il problema principale è quello del sovraffollamento, soprattutto in quartieri storici come Ballarò Borgo Vecchio e Vucciria. Ma qui, spesso, ci sono strutture non profit ad arginare il disagio. Nelle zone dove è il lavoro stagionale è più diffuso (Comiso, Vittoria o Alcamo), invece, tra il 40 e il 60% degli immigrati è costretto ad vivere in campi attrezzati o ad occupare abusivamente ruderi disabitati. L’alternativa, per molti di essi, è la strada. di Daniela Verlicchi

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