venerdì 7 novembre 2008

Rom e Sinti, l'identità negata

Rom uguale nomade, sporco, ladro di bambini. Questi sono solo alcuni degli stereotipi che pesano come un macigno sulle spalle di un popolo presente in Italia dal 1400...
...che non è riconosciuto come minoranza linguistica, che vive ghettizzato nei “campi” istituiti da leggi regionali negli anni ottanta e nasconde la propria appartenenza etnica sul luogo di lavoro per paura di perderlo. Pregiudizi e leggende che rendono l’integrazione un percorso ogni giorno più difficile soprattutto se si adottano politiche senza avere nessun rappresentante rom e sinto come interlocutore.
Una delle tante leggende nere, vecchia cinque secoli, l’ha sfatata di recente l’Università di Verona con una ricerca su quanti siano stati i bambini rapiti dai Rom negli ultimi vent’anni. Risultato: nessuno. Su ventinove casi esaminati c’è stata una sola condanna per tentato sequestro mai portata a termine.
Ma sono tante altre le cose che non si sanno o che non si vogliono sapere. “Pochi sono a conoscenza che il 70 per cento dei rom e sinti che vivono in Italia sono cittadini italiani e pochissimi conoscono veramente le caratteristiche dei rom e sinti. Fin quando non ci sarà confronto con i diretti interessati, il pregiudizio non si combatterà mai. La partecipazione dei rom alla vita economico sociale e istituzionale nel nostro paese è da sempre duramente ostacolata. Va messa in atto una politica che affronti globalmente e strategicamente l’intero problema. Scuola, casa e lavoro sono tre criticità connesse tra di loro e non possono essere risolte singolarmente”.
A parlare è Eva Rizzin, trent’anni, italiana appartenente alla minoranza sinta. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in geopolitica e geostrategia a Trieste, la Rizzin oggi è attiva nella lotta per i diritti di sinti e rom in qualità di cofondatrice di OsservAzione, Centro di ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti, e membro del Comitato Rom e Sinti Insieme.

“Sono tra di noi, ci lavorano accanto eppure riconosciamo in loro solo il nomade o il ladro di bambini. I rom sono costretti a rinnegare la propria identità sui luoghi di lavoro, anche quando ricoprono posizioni importanti: molti sono poliziotti, elettricisti, insegnanti. Come dei perseguitati, preferiscono non dichiarare la propria appartenenza etnica. A livello nazionale la legge 482/99 sui diritti delle minoranze linguistiche presenti nel territorio italiano ha volutamente escluso il ròmanes per il fatto di non essere legato a un territorio determinato”.
“Una legge che disattende la carta europea delle lingue regionali minoritarie che prevede norme anche per le lingue sprovviste di territorio: una grande discriminazione istituzionale”. Le politiche di assistenza messe in piedi fino ad oggi non hanno fatto altro che oscurare l’identità di un popolo ghettizzato nei cosiddetti “campi”.
Il Cerd (Comitato Onu per l’eliminazione delle discriminazioni razziali) ha criticato duramente il trattamento dei rom e dei sinti in Italia e in particolare il nostro governo, che non li ha riconosciuti come minoranza. “Nel nostro paese – conclude Rizzin – hanno varato specifiche leggi regionali per tutelare la caratteristica nomade dei Rom e dei Sinti creando questi campi che sono diventati veri e propri ghetti. Il 95 per cento dei rom e dei sinti che vivono lì sono cittadini italiani ed è contro ogni tutela dei diritti umani la schedatura e la rilevazione delle impronte”. di Manuela Giuliano

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