L’opinione pubblica, la politica, i media sono convinti che “Rom e Sinti non vogliono integrarsi”, oppure che sono “minoranze non integrabili”.Questa convinzione deriva certamente dall’assenza di conoscenza, ma anche dallo sperpero delle risorse pubbliche per l’esito negativo delle politiche del passato per le nostre minoranze, (assistenzialismo culturale, politiche differenziate, segregazione culturale, ecc.) che sono fallite per la totale assenza di partecipazione a tutti i livelli di Rom e Sinti.
Accertato che tutte le iniziative del passato sono fallite per la mancata definizione di un ruolo attivo e propositivo a Rom e Sinti a tutti i livelli e visto che si continua ad ignorare questa certezza, mi chiedo: quali possono essere le motivazioni che ancora oggi impediscono una attiva e propositiva partecipazione di Rom e Sinti?
Una prima motivazione può essere addebitata alle organizzazioni pro rom e sinti
Se le organizzazioni pro rom e sinti temono che la partecipazione attiva possa escludere il loro impegno per rom e sinti significa che sono interessate solo ed esclusivamente alla gestione delle risorse economiche, e se questo è vero commettono un gravissimo errore perché le loro attività sarebbero più incisive in termini professionali e di raggiungimento degli obiettivi con la partecipazione attiva di rom e sinti. La chiusura alla partecipazione attiva di rom e sinti di queste organizzazioni condurrà in tempi brevi ad una loro delegittimazione formale e sostanziale.
Una seconda motivazione è la strumentalizzazione politica
La strumentalizzazione politica di rom e sinti è utilizzata da molti politici e dai partiti politici per ricercare il consenso elettorale. Una politica che esclude le minoranze dalla partecipazione attiva è una politica democratica utile ad un paese civile? Certamente no.
Una politica, quella Italiana, che spesso ha facilitato la elezione di strani e loschi personaggi per fuggire dai processi della magistratura; una politica che rifiuta “a prescindere” di eleggere un rom o un sinto ai diversi livelli di rappresentanza.
Io sono convinto che i partiti politici Italiani dovrebbero eleggere rom e sinti per facilitare la partecipazione politica, il partito politico che avrà il buon senso (il coraggio!) di eleggere un rom o un sinto già alle prossime elezioni europee produrrà un terremoto notevole nel quadro politico nazionale, che sarà utile a tutta la collettività.
Una terza motivazione è da attribuire a responsabilità di noi rom e sinti
Per chiedere ad altri la nostra partecipazione attiva è necessario eliminare ogni possibile incomprensione ed equivoco. Cosa si intende per partecipazione attiva di Rom e Sinti? Quale strategia per realizzarla? Quale obiettivo raggiungere?
L’assenza di risposte, o risposte ambigue, a queste domande hanno prodotto un impiego strumentale di Rom e Sinti e ridotto la partecipazione solo “come un mezzo” personale e strumentale che non ha “convinto” e non ha “spinto” gli altri ad attivare questo metodo.
Questa terza motivazione ha diverse sfaccettature, in gran parte riconducibili ad una partecipazione di noi rom e sinti “come un mezzo” per l'assenza di una visione collettiva e per l'abitudine ad impegnarsi solo per se stessi. Lo sviluppo collettivo incide positivamente sullo sviluppo individuale, mentre lo sviluppo individuale molto difficilmente incide sul sviluppo collettivo.
La partecipazione attiva e propositiva a tutti i livelli è questione indiscutibile, ma ci sono livelli in cui è indispensabile una partecipazione “appropriata”, altrimenti il rischio di delegittimarla è concreto.
Rom e Sinti spesso “siamo in contrasto” per definire la partecipazione alle “passerelle politiche ed istituzionali”, questo accade spesso solo per far emergere il nostro individualismo, mentre ignoriamo la partecipazione a momenti in cui si costruisce un processo che può influenzare le scelte per il nostro futuro, ad iniziative di sviluppo promosse direttamente dai Rom e dai Sinti, ma in particolare ignoriamo la partecipazione ad iniziative formative, a lavori di gruppo, al confronto costruttivo, che permettono a tutti di acquisire conoscenze e competenze.
Ogni singolo rom è più bravo di un altro rom, ogni singolo sinto è più bravo di un altro sinto. Questo egoismo è la causa dell’attuale disastro che oggi viviamo. Questo individualismo, se continuerà, sarà la nostra tomba collettiva. Un personalismo di Rom e Sinti a tutti i livelli non è possibile negarlo, ma prenderne consapevolezza per una trasformazione.
Recuperare il senso di appartenenza ad una identità culturale collettiva è oggi essenziale per Rom e Sinti, per prendere atto che è irrinunciabile una partecipazione “come un fine”, che richiede strategie e metodologie, che si espande oltre il singolo progetto e investe processi di trasformazione sociale di più vasta portata.
Un approccio partecipativo “come un fine” è un processo di empowerment delle persone:
1. per il conseguimento delle competenze e delle conoscenze necessarie per una partecipazione capace di sapersi confrontare con la realtà circostante
2. per produrre cambiamenti nelle relazioni a vari livelli
3. per una partecipazione come “un processo sociale di azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e le organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro vite nel contesto di cambiare il loro ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita”.
Con la recente costituzione della federazione Rom e Sinti Insieme si è avviato un processo di partecipazione attiva di Rom e Sinti “come un fine”. Sarà determinante nei prossimi mesi attivare un processo di empowerment, strettamente collegato al concetto di comunità, con strategie e metodologie, dai percorsi formativi ai lavori di gruppo, per acquisire le conoscenze, le competenze e la consapevolezza necessaria per una “partecipazione evolutiva”, efficace ed efficiente, capace di sconfiggere il personalismo e la mentalità di dipendenza assistenziale e di incidere sulle scelte politiche, per migliorare le condizioni di vita delle minoranze rom e sinte. di Nazzareno Guarnieri
3 commenti:
Ho ripreso questo importante articolo qui sul mio blog, parlo in generale della capacità di auto rappresentarsi della comunità Rom e Sinti e del ruolo della federazione.
Il parere degli amici di sucardrom è estremamente gradito.
E' un tema che vorrei approfondire, anche ai fini di un eventuale ulteriore articolo su SD.
ciao Hidden Side, le persone che operano in sucardrom hanno da anni posto questo tema al centro del proprio essere associazione, prima nell'opera nomadi e poi in sucardrom.
per circa dieci anni (1974/1987) l'approccio è stato quello strumentale, ovvero la partecipazione legata ad un fine. si vedeva il coinvolgimento dei Sinti e dei Rom come mezzo per raggiungere gli obiettivi di un determinato progetto (pensato da appartenenti alla società maggioritaria) nella maniera più efficiente, efficace e sostenibile. considera che questo è ancora il metodo prevalente, quando va bene...
dal 1987 si è capito il limite di questo approccio e si è costruito un approccio di empowerment, ovvero un processo che non ha necessariamente un obiettivo preciso ma che stimola cambiamenti profondi nelle culture e nei rapporti tra le diverse culture. la partecipazione come un fine in sé, mirante al rafforzamento del potere dei Sinti e dei Rom.
lo sbaglio che abbiamo fatto è stato quello di rimanere legati all’opera nomadi per altri dieci anni e avere speso tutte le nostre risorse per convincere l’assemblea nazionale della bontà del nostro pensiero. dalla fine degli Anni Novanta abbiamo iniziato a rompere in maniera eclatante dal nazionale con l’epilogo nel 2006 e la costituzione della federazione nel 2007.
questo intervento di Nazzareno è importante perché si iniziano ad analizzare pubblicamente anche le difficoltà presenti all’interno delle comunità sinte e rom che ad oggi erano stati analizzati solo da sucardrom all’interno dei percorsi di formazione per mediatori culturali o all’interno dei percorsi di formazione delle associazioni sinte e rom.
Grazie Carlo!
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