«Non costituisce reato». Con questa formula il giudice Giorgio Nicoli ha assolto quindici sinti dall'accusa di aver occupato abusivamente l’area di via Pietraferrata in cui vivono da più di vent'anni.
Inglis Levacovich, Stefano Levacovich, Sarita Stefani, Sergio Hudorevich, Tiziana Carri, Luigi Caris, Rosalba Carri, Marisa Carri, Amelia Carri, Genny Kari, Elvis Levacovich, Romeo Levacovich, Jeffrey Levacovig, Nataly Levacovig e Cristina Levacovich erano stati rinviati a giudizio nel lontano 2005 dal pm Michele Stagno che aveva avviato l'inchiesta in base all'esposto presentato da una società udinese che aveva acquistato l'area dall'E nte zona industriale per realizzarvi un capannone.
Ma l'Edilfriuli, nonostante le ripetute sollecitazioni anche a livello giudiziario, non è mai riuscita ad avviare i lavori a causa della presenza del “campo nomadi”. E i sinti sono sempre usciti vittoriosi dai processi penali intentati loro con l'accusa di aver occupato abusivamente quel terreno. Una condanna pronunciata in primo grado tre anni fa dal giudice Paolo Vascotto, era stata annullata dai magistrati della Corte d'appello. Tutti assolti.
Anche l'ultimo esposto, sfociato in questo processo, non ha avuto esito. Il difensore dei quindici imputato, l'avvocato Sergio Mameli, ha dimostrato che nel 1990 - 18 anni fa- il Comune di Trieste aveva assegnato un numero civico all'insediamento.
L'Acegas aveva allacciato una linea elettrica in base alla sottoscrizione di un contratto. L'Azienda sanitaria aveva ritenuto l'area adeguata all'insediamento e la polizia e i carabinieri avevano notificato ai sinti numerosi atti giudiziari e citazioni a giudizio. Tutti sapevano, ma nessuno ha mai fatto nulla.
Va aggiunto che il Comune di Trieste- anche in presenza di una precisa legge regionale- non ha mai indicato ai sinti un'area alternativa a quella di via Pietraferrata dove potersi insediare con le famiglie e i bambini. Secondo il difensore gli imputati non hanno agito con dolo; al contrario sono stati costretti- quasi obbligati a vivere lì- da una situazione di forza maggiore, nota a tutte le autorità da anni ma mai risolta.
In sintesi la legge regionale è rimasta lettera morta perché le scelte del Comune di insediare il campo qui o lì, hanno sempre incontrato la vivace opposizione dei residenti. Basta pensare all'episodio di Opicina dove è sorto uno specifico comitato e dove era stata minacciata la secessione da Trieste con la nascita di un nuovo municipio autonomo.
Ieri in aula il pm Maddalena Chercia aveva chiesto in base all'a rticolo 633 del Codice penale la condanna di tutti i quindici imputati a pena comprese tra i quattro e i sei mesi di carcere. Ma il giudice ha accolto la tesi della difesa: tutti assolti.
Va aggiunto che la sentenza non ha legittimato l'occupazione del terreno di proprietà dell'Edilfriuli. Ha solo detto che i sinti non hanno agito con dolo. In pratica la palla passa ora al Comune e alle altre autorità cittadine. Spetta loro risolvere il problema in via amministrativa e politica, non alla Giustizia penale. di Claudio Ernè
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