lunedì 1 dicembre 2008

Il “manghel” dei bambini rom e sinti

Fino al qualche decennio fa, per uscire dalla condizione di povertà e di emarginazione, molti minori italiani “lavoravano” per “aiutare” le loro famiglie e per questo spesso non frequentavano la scuola oppure frequentavano un diverso modello di istruzione (scuola paterna, scuola serale, scuola popolare, ecc.), modello di istruzione adatto alle realtà ed ai bisogni personali del minore e della sua famiglia.
Questa condizione, anche se in misura ridotta, accade ancora oggi ai minori italiani in alcune regioni Italiane. Perchè la stessa valutazione non si verifica quando si tratta di genitori e di bambini Rom e Sinti?
A fronte della sentenza della Cassazione che ha annullato una condanna della Corte d’Appello di Napoli a 5 anni di carcere per una madre rom colpevole di chiedere l’elemosina con il figlio di 4 anni per poter sopravvivere, non si sono fatti attendere le critiche populistiche di alcuni politici che nel passato invece di garantire l’applicazione dei diritti ai minori rom e sinti, come il loro dovere impone, hanno utilizzato come capro espiatorio la difficile condizione di questi minori esclusivamente per ricercare il consenso personale e partitico.
La federazione Rom e Sinti Insieme considera le motivazioni di questa sentenza della Cassazione un preciso atto di accusa contro quella politica che quando si tratta delle minoranze Rom e Sinte:
- non intende svolgere il proprio dovere istituzionale
- non applica diritti e principi costituzionali
- utilizza la discriminazione razziale contro Rom e Sinti per la ricerca del consenso
- rifiuta corrette opportunità di politiche sociali coerenti alla realtà ed ai bisogni
- ignora ogni forma di strategia interculturale con e per Rom e Sinti.
La federazione Rom e Sinti Insieme esprime plauso alla Suprema Corte per una sentenza che è una precisa condanna della politica contro Rom e Sinti. Il Presidente, Nazzareno Guarnieri

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Nazzareno,
mia madre, insegnante elementare, quando un bambino non si presentava a scuola non per motivi di malattia aveva il dovere d'informare i carabinieri.
Questa cosa le è capitata specialmente quando insegnava in piccoli paesi.
Ma stiamo parlando degli anni '70!!
Negli anni successivi, insegnando in una città questo fenomeno non le si è + presentato.
Quindi trovo + che ragionevole che la medesima cosa sia fatta anche per i bambini rom, anzi troverei doveroso un pari trattamento per le maestre che non si attengono a tale regola, anche perchè così facendo si incentiverebbe la scolarizzazione.
Resta poi da capire come mai spesso come scusante per la non frequentazione dei bambini ci sia l'assenza dei mezzi.
Io andavo a piedi, escludendo il 1° giorno di scuola mi sono sempre arrangiato con le mie gambe.
Così fanno pure in romania, dove di assistenza ne hanno ben poca.

Sulla questione della cassazione, è un atto discriminatorio, se la medesima cosa la facesse una madre separata senza famiglia...le porterebbero via il bambino.
Dov'è finita la famiglia allargata? Vogliamo forse far credere che quella donna fosse sola?
Spero che il plauso sia anche per la postilla che riguarda la tradizione culturale che distingue i rom.

u velto ha detto...

ciao Xpisp, se vuoi dialogare con Nazzareno ti consigliamo di postare i commenti sul suo blog. le risposte saranno più veloci.