martedì 24 febbraio 2009

Reggio Calabria, le ragioni di un'occupazione

L’occupazione senza titolo degli alloggi Aterp del Viale Europa da parte di un ingente numero di famiglie rom è una reazione ad una grave condizione di disagio abitativo per la quale nessuna risposta è stata mai data.
Con questa azione le famiglie non hanno avuto l’intenzione di negare i diritti dei concittadini che aspettano da 20 anni di essere allocati in questi stessi alloggi, ma solo quella di reagire al silenzio delle istituzioni e quindi al pericolo incombente di una emarginazione definitiva ad Arghillà.
Sbaglia chi legge in questa occupazione l’arroganza e la violenza di un gruppo esercitata contro altri cittadini. In questo modo si crea artificiosamente l’ennesima guerra tra poveri che nei fatti e nelle intenzioni non esiste.
La prova sta nel fatto che nessuna di queste famiglie vorrebbe restare in questi alloggi coabitando con altre 40 nuclei rom perché così si creerebbe un ghetto, ma al contrario vedrebbe bene in questi alloggi poche famiglie rom inserite in mezzo a quelle famiglie non rom alle quali devono essere assegnati gli alloggi.
L’occupazione è nata dalla disperazione delle famiglie che vedono svanire nel nulla la loro speranza di uscire dalla situazione di emarginazione sociale nella quale vivono da decenni.
Difatti la gran parte degli occupanti è composta dalle 30 famiglie rom residenti nei due ghetti di Modena (ex Polveriera in foto e Ciccarello Palazzine) che risultano vincitrici del bando 1999 e che, come più volte denunciato dall’Opera Nomadi, sono stati invitati ad accettare un alloggio ad Arghillà dove, oggi, risiedono 108 famiglie. Un grande ghetto che aumenta sempre di più a danno di tutti.
Queste famiglie per evitare un futuro di emarginazione sociale hanno per due volte presentato al Sindaco, ai sensi della legge reg.le nr 32/96, regolare rinuncia all’alloggio di Arghillà chiedendo una casa in equa dislocazione. Il Sindaco che per il piano di equa dislocazione aveva promesso di accettare queste rinunce non l’ha mai fatto.
Le altre famiglie di occupanti sono costituite da nuclei del 208 che aspettano un alloggio dalla data di demolizione dell’ex caserma (agosto 2007) e da altri nuclei che risiedono a Modena oppure ad Arghillà e che sperano di uscire dalla condizione di ghettizzazione nella quale vivono.
Sui due insediamenti ghetto di Modena nessuna amministrazione comunale negli ultimi decenni ha mai progettato un intervento; il sindaco Scopelliti dopo la demolizione dell’ex caserma 208 ( agosto 2007) aveva promesso che nel gennaio 2008 sarebbe stato avviato un progetto di equa delocalizzazione, ma nulla è stato fatto.

Se per il ghetto del “208” ci sono voluti 36 anni per trovare una soluzione nonostante il progetto del nuovo ospedale Morelli, per i due ghetti di Modena ( ex Polveriera e Modena palazzine) sul cui territorio non esiste alcun progetto, quanto tempo ci vorrà prima che si sviluppi una iniziativa?
La mancanza di una qualche attenzione verso i due ghetti di Modena (nei quali oggi vivono in condizioni disumane 77 famiglie rom) si nota anche dal fatto che nel Contratto di Quartiere di cui è titolare il Comune e che interessa questo territorio non si considera minimamente questa gravissima problematica. Eppure questa tipologia di progetti sono stati promossi negli ultimi anni perché prevedono il coinvolgimento di tutta la popolazione nell’affrontare i problemi che riguardano il territorio. Ci chiediamo come è stato possibile ignorare una condizione abitativa dove esiste un serio pericolo per l’incolumità fisica delle persone come quella in cui vivono dal 1960 le 30 famiglie rom dell’ex Polveriera ma anche quella delle Palazzine popolari che risale al 1981.
Di fronte a questa situazione così difficile e controversa le famiglie degli occupanti chiedono di avere la garanzia di un alloggio in condizioni di equa dislocazione.
La proposta che l’associazione avanza al Comune è quella di costituire subito un tavolo di lavoro con l’Opera Nomadi, con le stesse famiglie e con la Circoscrizione di Modena con la finalità di sviluppare un progetto per la sistemazione abitativa in dislocazione di queste famiglie partendo dalla loro condizione oggettiva e dalle priorità che questa presenta.
Il tavolo di lavoro con il sostegno dell’Opera Nomadi, in prima battuta, dovrà servire ad aprire un dialogo tra le famiglie rom ed il Sindaco fissando un accordo preciso.
Il primo cittadino dovrà garantire personalmente a queste persone un percorso d’inserimento abitativo in equa dislocazione da realizzare in tempi brevi e quindi dovrà spiegare insieme all’associazione che solo pochissimi nuclei, ossia quelli per i quali l’Amministrazione si era impegnata, potranno restare negli alloggi del Viale Europa mentre gli altri dovranno lasciarli aspettando la futura sistemazione.
Il dialogo e l’impegno diretto tra le famiglie rom ed il primo cittadino è servito per concludere l’operazione del 208 e quindi servirà pure oggi per risolvere questo problema dell’occupazione se effettivamente c’è l’intenzione di avviare un programma abitativo di dislocazione evitando la soluzione Arghillà.
Per questo progetto si potrebbe rivedere il Contratto di Quartiere e coinvolgere la Regione Calabria per la richiesta di finanziamenti inoltre si potranno reperire alloggi nel patrimonio di edilizia residenziale pubblica tra quelli non occupati.
L’Opera Nomadi si impegna da parte sua a sostenere il Comune in una progettazione coerente con la dislocazione e che garantisca prima di tutto i diritti delle famiglie più disagiate. di Marino Antonino Giacomo, Opera Nomadi di Reggio Calabria

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