Il Giornale ha pubblicato alcuni articoli sulla scolarizzazione dei bambini rom a Milano. L’incipt è per un progetto che si sta realizzando in una scuola elementare e media di Milano. Quest’anno il Ministero ha stanziato 6.395 euro per «sostenere progetti di integrazione» e l’Istituto comprensivo «Riccardo Massa» ha deciso di utilizzarli per organizzare un servizio docce per i bambini rom di via Triboniano che frequentano la scuola.
Il progetto ha scatenato diverse polemiche ma la Preside e gli insegnanti lo difendono a spada tratta perché credono che sia utile alla scolarizzazione dei bambini rom che frequentano la scuola. Il Giornale ha anche intervistato Susanna Mantovani, ordinaria di Pedagogia all’Università Bicocca e Maurizio Pagani dell’Opera Nomadi.
La Mantovani ha affermato: «Mi pare un elemento di accoglienza - dice la professoressa, per tre anni nel Consiglio direttivo di Unicef Italia -, secondo me non è molto diverso dal pulmino che accompagna i bambini a scuola, o dal servizio mensa».
«Per quel che ne so io - continua - interventi del genere sono visti con favore dalle stesse famiglie di nomadi. Come tutti i genitori, anche i rom vogliono il meglio per i loro figli, almeno all’inizio, poi subentrano dinamiche molto complesse e articolate in questi gruppi che sono nello stesso tempo tradizionalisti e trasgressivi. Ma anche gli insegnanti credo siano favorevoli, e si prestano anche al di là di quelli che sono i loro stessi doveri».
Il suo giudizio è pragmatico e favorevole, dunque: «Qualunque cosa aiuti la frequenza scolastica mi pare utile, e se un bambino a scuola viene visto come un lebbroso questo certo non aiuta. L’integrazione va incoraggiata fin dall’inizio per prevenire fenomeni pericolosi e sgradevoli dopo. Se dei bambini che non possono fare la doccia a casa la fanno a scuola mi sembra un servizio di accoglienza positivo».
Maurizio Pagani ha dichiarato: «A volte è inevitabile - commenta riferendosi al progetto del Gallaratese -. Certo, si deve intervenire con rispetto e sensibilità. E non deve essere una previsione generalizzata. Ma se si tratta di casi mirati mi sembra una risorsa, soprattutto per i bambini che vengono da insediamenti abusivi». «Loro oltretutto - aggiunge - non manifestano contrarietà. E così i genitori. Anche perché i bambini sono molto diretti, spontanei. E se uno dice a un altro “tu puzzi” questo condiziona inevitabilmente il loro rapporto e l’integrazione». «In ogni caso, aggiunge, i problemi veri sono altri. Soprattutto l’esito scolastico. Molti non sanno scrivere e leggere».
Noi di sucardrom condividiamo le affermazioni di Maurizio Pagani, sottolineando che questi progetti possono essere utili per chi vive in baracca. Ma certo le istituzioni devono risolvere alla fonte il problema e quindi offrire a questi bambini la possibilità di farsi la doccia nella propria casa.
Perché certo ci sono dei benefici per i bambini che in classe non vengono rifiutati dai loro compagni ma presuppongono sempre un trattamento differenziato che porta seri problemi, perché comunque i bambini si sentono “diversi” dai loro coetanei.
Il problema è che questi interventi in passato sono diventati strutturali e non emergenziali. Ovvero, per le Istituzioni era più comodo dare alla scuola pochi euro per attivare un servizio docce, piuttosto che affrontare il drammatico problema abitativo di queste famiglie. Speriamo che questo caso sia diverso…
Abbiamo però alcuni dubbi che ci girano per la testa, perché negli articoli si parla di bambini che vivono nel “campo nomadi” di via Triboniano. Ma il “campo nomadi” di via Triboniano non è il modello milanese di integrazione in cui si offrono alle famiglie rom diritti in cambio di doveri, come quello di mandare i bambini a scuola? E potersi fare la doccia a casa non è un diritto per questi bambini?
1 commento:
questi progetti non mi sono mai piaciuti. sarebbe opportuno che il servizio docce fosse aperto alla sera per le intere famiglie, fino a quando non potranno godere del diritto della doccia a casa.
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