In preparazione all’ evento “minoranze: diritti e doveri” che si terrà a Parma nei prossimi giorni, pubblichiamo un testo di Gianluca Lottici, organizzatore dell’evento.
Minoranza: stando al vocabolario può significare un gruppo meno numeroso di persone oppure il complesso dei cittadini di uno stato, che si differenziano dalla maggioranza per la razza, la lingua, la religione o una diversa coscienza sociale.
La questione è particolarmente complessa e molte sono le differenze e impostazioni scientifiche. Per capire meglio il significato proviamo a partire dalla gestione delle minoranze, che, come è facile intuire, rappresenta un problema di natura specificamente politica. Consideriamo, infatti, che la gestione delle minoranze implica inevitabilmente una valutazione della cultura della minoranza e necessariamente, dunque, anche di quella della relativa maggioranza. Per cui è la cultura umana ad essere messa in discussione; ma non esiste una sola cultura e quindi è una pluralità di culture ad essere “messa” in discussione; alcune saranno minoritarie ed altre maggioritarie.
Nei fatti è quindi la pluralità di culture a creare le minoranze ed è quindi fondamentale il confronto fra le culture, la comparazione che metta in luce la loro complementarietà, cioè le differenze, le somiglianze e le compatibilità.
Parlare di culture, però, significa anche parlare dei valori, delle idee, delle pratiche che i gruppi umani coltivano. Come deve essere allora l’approccio al confronto? È inevitabile, nell’affrontare il tema, l’insorgenza di un aspetto emotivo che rischia di far perdere di vista gli obiettivi? Quando si parla di confronto si dovrebbe mettere in gioco la “totalità” del nostro essere uomini e donne; e non è detto, quindi, che sia la cultura (per così dire) maggioritaria ad uscirne con le “ossa rotte”. Qual è l’approccio migliore al dialogo?
Se confrontiamo velocemente le due posizioni estreme ne troviamo una che considera degna di tutela (rispetto, tutela, tolleranza, riconoscimento… tutti termini -a ben pensarci-molto diversi fra loro) qualsiasi minoranza. Questa posizione ritiene sufficiente, quindi, la stessa esistenza da varietà culturale umana un motivo sufficiente perché vada compiuto ogni sforzo per consentire di esprimerne al meglio tutte le caratteristiche, a prescindere dalla situazione politica ed economica di ciascun contesto.
L’altra posizione sottolinea invece l’utilità pratica ed insieme l’efficienza della omogeneità culturale, arrivando di conseguenza a negare la possibilità di prendere in considerazione il diritto di qualsiasi minoranza a sfuggire all’assimilazione. In tal modo si auspica una sorta di “annullamento” delle minoranze riconoscibili come tali, cioè di gruppi che incarnano una “diversità”. Chi si fa portatore di questo punto di vista suggerisce implicitamente una sorta di gerarchia fra le varie culture umane, distinguendo “chi merita” da “chi non merita”. Abbiamo già visto nel corso della storia fino a dove può portare questa posizione!
Attenzione però anche ai rischi della prima: se infatti si sostiene che “tutte le strade sono buone” non si può credere che esista un modello unico di progresso. Il che (potrebbe) volere dire quindi che l’idea di progresso in sé è sbagliata, oppure che è sbagliata la nostra idea (occidentale) di progresso o meglio! In questa prospettiva le varie culture possono ciascuna elaborare un proprio percorso verso lo sviluppo.
Come è possibile dunque che le culture si mettano in discussione con le altre? Cosa è richiesto per sviluppare un dialogo? E se dobbiamo preservare una determinata cultura (perché essa comunque ha un suo percorso) non si capisce perché questa non possa essere separata dalle altre, così da evitare conflitti. Ma la ghettizzazione, l’apartheid, le “riserve” non sono forme di separatismo culturale? Chi nel corso della storia le ha concepite e messe in pratica non sosteneva forse di volere proteggere e preservare le differenze culturali?
Per concludere, vediamo che le infinite posizioni intermedie fra queste due soluzioni estreme sono cariche di conseguenze e possono essere molto inquietanti; sarà bene quindi iniziare a dialogare prima che il problema ci fugga di mano.
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