sabato 21 marzo 2009
Rom e Sinti nella letteratura/5 - L'OTTOCENTO
Il Settecento si dimostra poco interessato alle vicende dei Rom-Sinti, che, essendo in Europa ormai da tempo, non rappresentano più una novità; questi temi vengono invece ripresi e di nuovo amati nell’Ottocento, prima di tutto tedesco, poiché è la Germania la madre dei primi Romantici, e poi europeo. Agli occhi dei Romantici, i Rom-Sinti divengono gli unici ad essersi salvati, grazie alla loro insofferenza nei confronti di ogni convenzione, dalle prigionie della “società civile”, e ad aver conservato la libertà, la sincerità, la naturalezza originarie; se, fino a qualche decennio prima, questa inadattabilità alle norme delle comunità stanziali era stata per i Rom-Sinti causa di emarginazione e disprezzo, ora lo stesso atteggiamento viene mitizzato, cosicché il nomade è colui che non ha bisogno di certezze e agi, cui non interessa arricchirsi, che vive in armonia con la natura e che presenta un’innata predisposizione all’arte. All’interno del quadro idealista e sognatore del Romanticismo, affezionato ai grandi slanci passionali e libertari, i Rom-Sinti diventano modelli di comportamento ad esempio per i bohémiens (il termine deriva proprio dall’appellativo dato ai Rom-Sinti in Francia) francesi, che conducono una vita randagia e creativa, povera, anticonformista, legata a produzioni artistiche di vario genere e alla libertà da regole e schemi, proprio come faranno, a fine secolo, i colleghi italiani Scapigliati.
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