Il 3 aprile, a Belgrado, è stato raso al suolo un insediamento rom nel quartiere di Novi Beograd. Da allora la capitale serba ha conosciuto manifestazioni, proteste ed eventi culturali che hanno segnato un momento particolare nel rapporto tra la comunità rom e la città
Per poco più di una settimana gli “invisibili” di Belgrado, i rom che vivono nei malridotti campi della periferia e si spostano in centro per chiedere l’elemosina o per raccogliere la carta, sono divenuti “visibili” anche agli occhi dei più distratti. Nell’arco di pochi giorni il centro della capitale ha conosciuto manifestazioni di ogni tipo, proteste ed eventi culturali, che hanno determinato un momento particolare nel rapporto tra la comunità rom e la città.
Da una parte, per celebrare la Giornata Mondiale dei Rom dell’8 aprile, il Sava Center ha ospitato la cantante Esma Režepova Tedodosijevski e in centro sono state organizzate mostre ed eventi volti a celebrare la cultura rom. Dall’altra, poco più in là, di fronte alla sede del governo cittadino, si sono protratte manifestazioni di protesta della comunità contro il sindaco Dragan Đilas e la sua amministrazione.
L’episodio che ha scatenato il malcontento dei rom belgradesi risale al primo mattino del 3 aprile, quando i mezzi del comune hanno raso al suolo un insediamento illegale formato da una cinquantina di baracche. Il campo si trovava a Novi Beograd nei pressi della cittadella dell’Universiade, una struttura destinata ad accogliere gli atleti di tutto il mondo che parteciperanno alla competizione ospitata nella capitale serba nel mese di luglio. L’azione di sgombero è stata presentata dalle autorità cittadine come necessaria per permettere la costruzione di un nuovo viale di collegamento con la zona. Alcuni sostengono, tuttavia, che non siano mancate pressioni da parte del comitato internazionale organizzatore della manifestazione, allo scopo di migliorare l’immagine della città in vista dell’evento estivo.
Nella stessa giornata gruppi di rom hanno organizzato la prima di molte proteste, bloccando un’importante arteria di Novi Beograd fino a giungere ad un faccia a faccia con la polizia. Contemporaneamente Đilas interveniva con parole che non contribuivano a placare gli animi: “Qualche centinaio di persone non può ostacolare lo sviluppo di Belgrado né tenere in ostaggio due milioni di belgradesi […] semplicemente non c’è un’altra soluzione”. Aggiungendo quindi che non sarà più tollerato l’insediamento illegale in città di altri gruppi di persone.
E’ quindi iniziata una vita da senzatetto per le 47 famiglie rom rimaste prive della propria abitazione e degli averi che, sostengono, non hanno avuto il tempo di recuperare dalle baracche. La questione della loro sistemazione ha naturalmente scatenato ulteriori polemiche e discussioni. Tuttavia solamente le persone che presentavano particolari problemi hanno trovato rapidamente posto in alcuni istituti, mentre la gran parte dei circa 250 rom sfollati è rimasta in balia di se stessa per giorni, sostenuta solo dalla solidarietà di alcune associazioni. Tuttora molti di essi non hanno ricevuto alcun aiuto dalle istituzioni. Il sindaco ha dichiarato fin da subito che si cercherà una sistemazione solo per coloro che sono cittadini belgradesi a tutti gli effetti, mentre gli altri dovrebbero tornare nelle città e regioni di provenienza, Kosovo incluso. Per concretizzare questo rientro l’amministrazione si è dichiarata pronta ad accollarsi le spese di viaggio. Đilas ha inoltre sostenuto che, secondo le informazioni in suo possesso, solo dodici delle baracche distrutte erano realmente abitate e che la situazione sarebbe stata volutamente gonfiata. di Marco Abram, continua a leggere…
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