«Siamo alla vigilia del varo del “piano nomadi”: i passaggi burocratici sono stati risolti e siamo in grado di partire con le gare d'appalto». Presto, insomma, ci saranno nuovi campi rom attrezzati. Ad annunciarlo è stato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, aggiungendo che «entro 15 giorni ci sarà una conferenza stampa con il Ministro e il Prefetto durante la quale presenteremo sia i campi autorizzati sia i nuovi, destinati ad accogliere coloro che adesso si trovano in campi tollerati».
L’assessore capitolino alle Politiche Sociali, Sveva Belviso (in foto), da parte sua ha assicurato che prima dell’estate saranno aperti i cantieri di lavoro. Il sindaco ha, poi, tenuto a precisare che i “campi nomadi” non saranno solo strutture di permanenza ma «posti nei quali chi vuole, e io credo saranno tanti, potrà trovare integrazione nel rispetto delle nostre leggi».
Non solo. «I nomadi stessi lavoreranno insieme alle imprese per realizzare i nuovi campi». Esperienza di formazione e lavoro, dunque, come base dell’integrazione da parte di un’etnia ancora poco amata dai romani. Il comune si sta impegnando in questo senso con numerosi progetti per l’inserimento. il 24 aprile 2009 è stato presentato, a questo proposito, il progetto ‘La fabbrica dei mestieri’, realizzato dall’Assessorato capitolino alle Politiche Sociali, in accordo con il Ministero del Lavoro e in collaborazione con l’associazione Programma Integra.
«L’accordo tra comune e Ministero prevedeva il reinserimento dei rom nel sociale – ha spiegato l’assessore Belviso-. Noi abbiamo proposto la professionalizzazione perché siamo convinti che ci sia integrazione solo con strumenti specifici, a partire dalla capacità lavorativa». Il progetto vede coinvolti 30 giovani romeni di etnia rom, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, in corsi di formazione professionale. «Sono stati selezionati i rom dei campi di Candone (XV Municipio) e Salone (VIII Municipio) in base alla conoscenza della lingua, esperienze precedenti ed alle motivazioni personali», ha continuato la Belviso. Nello specifico i corsi, composti da 10 allievi l’uno, sono tre: edilizia, idraulica e impiantistica elettrica. È prevista una fase iniziale con moduli teorici e pratici per una durata complessiva di 300 ore. Grazie ad un accordo tra comune, imprese e cooperative sociali ci sarà, poi, un tirocinio formativo di 200 ore nei mesi estivi (da maggio a luglio) presso le imprese operanti nei tre settori di riferimento.
Alla fine i giovani romeni riceveranno un attestato di qualifica professionale: «Avere uno strumento effettivo che testimoni ciò che una persona può dare e fare è l’unico valore aggiunto che un’amministrazione può fornire», ha concluso l’assessore Belviso assicurando, inoltre, che si impegnerà personalmente per seguire l’inserimento lavorativo dei ragazzi. Alemanno ha definito il progetto «un segnale di speranza verso i tanti giovani nomadi che vogliono trovare lavoro, il vero motore dell’integrazione». Giovani come Alin, un romeno di 18 anni (in Italia da 6) che sta seguendo il corso di impiantistica elettrica. Spera di trovare un lavoro da elettricista. di Sabina Cuccaro
1 commento:
Può essere utile, a mio parere, disporre di moduli di lavoro, intercambiabili e sostituibili da altri moduli in base alle esigenze di un gruppo di persone, alle esigenze del mercato o alle esigenze personali. Dico questo perché noto che noi tutti abbiamo bisogno di strutturare il tempo e che, una volta che abbiamo strutturato il tempo, secondo un certo ordine e secondo le richieste del nostro stile di vita, abbiamo l'abitudine di conservare questa struttura il più a lungo possibile. Le difficoltà si presentano quando cambiano le condizioni di partenza su cui abbiamo strutturato il nostro tempo; in questo caso, o per mutamenti del mercato del lavoro, o cambiamenti delle strutture sociali di nostro riferimento, o una diversa percezione della vita che vogliamo o che vorremmo in base a determinate nostre aspettative, facciamo fatica a cercare una nuova struttura del tempo, e il più delle volte continuiamo a svolgere il nostro lavoro o a pensare con le vecchie strutture, coi vecchi moduli di lavoro e con le vecchie idee, cui non possiamo adattattare le nuove condizioni sopraggiunte. Strutturare, invece, il tempo e in particolare il tempo del lavoro in "moduli" può essere di vantaggio nel momento in cui cambiano le condizioni di partenza. Adattare le nostre abitudini ai cambiamenti non è facile, perché in questo caso dobbiamo strutturare di nuovo il nostro tempo, e bisogna quindi fare di nuovo la fatica iniziale di quando abbiamo cominciato, per esempio un nuovo lavoro. Il tempo del lavoro strutturato in "moduli", invece, permette, a mio parere, una fatica minore, poiché non si tratta di ricominciare da capo, si tratta solo di scegliere un modulo già strutturato che meglio si adatta alle nuove esigenze.
Maggiolino
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