Nel cuore dell'Europa centro-orientale tornano episodi e paure di altri tempi, che evocano fasi oscure della storia, in cui discriminazioni e persecuzioni contro le minoranza - etniche o religiose - erano la regola e talvolta producevano pogrom.
La minoranza rom in Ungheria da tempo è di nuovo nel mirino e oggi migliaia di persone si sono riunite a Tiszalok, nella parte orientale del paese, per celebrare l'ennesimo funerale, quello di Jeno Koka, quinto rom magiaro ammazzato da quello che, secondo la polizia, sembra essere un gruppo organizzato.
Koka era un lavoratore, un operaio impegnato di solito nel turno di notte in un impianto chimico, dove si stava recando quando i suoi assassini l'hanno freddato con dei colpi di pistola. Ed è apparso chiaro subito a tutti che non c'è alcun movente specifico dietro l'omicidio, se non il più classico odio razziale.
Tutti hanno subito capito che si trattava dell'ennesimo episodio di uno stillicidio di aggressioni, che ha provocato già almeno cinque vittime da giugno 2008. La più spregevole di tutte è avvenuta il 23 febbraio scorso, a Tataszentgyorgy, quando il ventisettenne Robert Csorba fu assassinato assieme al figlioletto di cinque anni. L'uomo fu colpito da colpi di pistola mentre cercava di portare in salvo il bambino dalla case cui era stato dato fuoco, i due corpi furono ritrovati carbonizzati.
Quello di Koka, secondo la Fondazione per i diritti civili dei rom, è "l'ennesimo assassinio sul quale, finora, la polizia non è stata in grado di fare luce sui colpevoli". Un'accusa che fa emergere uno degli tema più inquietanti della vicenda: quello delle possibili collusioni. Dopo l'omicidio di giugno, la polizia immediatamente sostenne che l'uomo e il bimbo erano morti a causa di un corto circuito e solo dopo diverse ore dovette ammettere che non s'era trattato di un incidente.
Un presunto tentativo d'insabbiamento, secondo molti esponenti per i diritti civili, che ha portato all'apertura di un'inchiesta. Oggi le autorità investigative sono più attente, quanto meno sul fronte della comunicazione. La polizia ha chiarito, attraverso il suo capo Jozsef Bencze, che non si tratta di attacchi di cani sciolti, ma di qualcosa di organizzato.
Secondo quanto ha riferito l'agenzia di stampa Mti, è stato costituito un team di 70 poliziotti che hanno già interrogato circa 2mila persone in relazione all'omicidio di due rom a novembre, all'assassinio di Csaba e del figlioletto e a quello di Koka. Inoltre, la taglia per chi sarà in grado di fornire notizie utili all'arresto degli assassini, è stata portata a 170mila euro. "Sono killer professionisti", ha affermato il ministro della Giustizia Tibor Draskovics. "Ma né io né la polizia - ha continuato - avremo pace finché non li avremo catturati".
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