L’Italia discrimina i lavoratori stranieri, e lo fa venendo meno anche agli impegni assunti a livello internazionale. È l’accusa lanciata da Cgil, Cisl e Uil in un rapporto sulla situazione di migranti, rom e Sinti in Italia destinato all’ Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che fa capo all’Onu.
Il documento prende a riferimento la convenzione Ilo del 1975 dedicata ai migranti illegali e alla parità di opportunità e trattamento per i lavoratori stranieri. L’Italia l’ha ratificata nel 1981, ma è l’unico paese europeo tra i 25 chiamata dall’agenzia delle Nazioni Unite a rispondere di violazioni. Ieri a Ginevra si sono confrontati i rappresentanti del nostro governo e un rappresentante sindacale dell'ufficio internazionale della Cgil, ora si aspetta la decisione dell’ Ilo.
Secondo i sindacati il nostro paese disattende diversi articoli della convenzione. La libertà religiosa, si legge nel rapporto, “ha trovato ostacoli a livello locale, con problemi posti alla costruzione di moschee (Lombardia, Veneto) ed alla espressione di preghiera in pubblico”. Il diritto di voto alle politiche è negato, così come quello amministrativo “in quanto l’Italia non ha mai ratificato il capitolo C della Convenzione di Strasburgo”.
Le leggi italiane sono poi discriminatorie “dall’accesso al lavoro pubblico (negato a chi non ha cittadinanza italiana), ai trattamenti previdenziali (differenziati nelle ipotesi di godimento per chi rientra nei paesi d’origine), all’utilizzo dei titoli di studio conseguiti all’estero (in genere non riconosciuti dall’Italia), fino al godimento di bonus (come quello relativo alla nascita di un figlio) che le ultime finanziarie hanno esplicitamente escluso per i non italiani”.
La convenzione dell’Ilo prevede anche, per i migranti irregolari, “diritto a percepire remunerazione e previdenza sociale per i lavori svolti, garanzia di poter far valere i propri diritti di fronte ad un ente competente; diritto del migrante e della propria famiglia a non sostenere le spese in caso di espulsione”. Disposizioni che sottolineano i sindacati, sono completamente disattese in Italia.
Anzichè promuovere l’uguaglianza, aggiungono i sindacati, “si tende ad ingenerare nella pubblica opinione un sentimento di rifiuto dell’immigrazione. L’accostamento del termine “clandestino” con quello di criminale, la criminalizzazione di un’intera etnia come nel caso dei rom o dei cittadini romeni, sono parte di una campagna spesso ad opera di autorità pubbliche o esponenti di partito. Campagna che produce un “insofferenza”, “rifiuto” ma anche “episodi individuali o collettivi di razzismo e xenofobia”.
Inoltre, il “pacchetto sicurezza”, confermerebbe “l’intenzione di creare una legislazione separata penalizzante per gli immigrati, in particolare per gli irregolari, con gravi conseguenze della violazione di diritti umani e civili”. In particolare il reato di clandestinità avrà “un effetto a pioggia sulla legislazione e sul comportamento di pubblici funzionari che, in caso di non segnalazione di un migrante non in regola, potrebbero incorrere nella violazione dell’art. 328 del codice penale (rifiuto od omissione d’atti d’ufficio)”.
Quanto a Rom e Sinti, i sindacati criticano “l’approccio emergenziale con cui si tratta un tema vecchio di secoli”. “Manca è una seria politica di integrazione in materia di abitazioni, scuola ed avvio al lavoro. In fondo il tema Rom (e per analogia) dei romeni, serve ad agitare l’opinione pubblica e ad esasperare i comportamenti più violenti com’è successo l’anno scorso vicino a Napoli”. di Elvio Pasca
Nessun commento:
Posta un commento