Hidden Side ha segnalato un aggiornamento sul caso dell’anziana che ha subito il sequestro e la violenza da parte di due Vigili Urbani del Comune di Como. L’episodio è grave ma è la punta di un iceberg che fa molta fatica ad emergere. Questi due Vigili urbani sono pubblici ufficiali che come la quasi totalità di tutti i Pubblici ufficiali italiani non hanno la minima formazione sulle minoranze sinte e rom e quindi sono preda facile di pregiudizi e stereotipi, come la stragrande maggioranza dei Cittadini italiani.
Inoltre, pochissimi sono gli appartenenti alle Forze dell’Ordine ma anche della Magistratura che conoscono la legislazione a contrasto delle discriminazioni razziali con conseguenze immaginabili sul concetto di legalità. A riconferma di quanto detto ai due Agenti di polizia locale del Comune di Como non è contestato il reato di discriminazione ma nemmeno l’aggravante. Di seguito l’articolo del quotidiano la Provincia che smaschera le "bugie" del Sindaco Bruni.
Non furono né il sindaco né altri membri - politici o "tecnici" - della sua amministrazione a denunciare in Procura il caso della nomade trascinata sulla "rupe Tarpea" di Civiglio e abbandonata senza scarpe nella neve.
Stefano Bruni, che venerdì sera in televisione rivendicava la "paternità" della segnalazione dalla quale aveva preso avvio il lavoro della Procura, non sa che in realtà l’inchiesta prese spunto da un esposto anonimo arrivato ai piani alti del Tribunale attorno alla prima settimana del mese di aprile. Si trattava di una lettera scritta da qualcuno molto bene informato, che dettagliava i passaggi chiave del viaggio per Civiglio e che indusse gli investigatori a muoversi praticamente subito.
Chiesero e ottennero dal Comando di viale Innocenzo tutte le relazioni di servizio inerenti l’attività anti-accattonaggio svolta nei mesi invernali e fu soltanto allora, dopo quella richiesta, che i vertici della polizia locale si fecero vivi con il pm titolare del fascicolo: manifestarono la propria piena e incondizionata disponibilità a collaborare ed informarono l’amministrazione, nella persona del sindaco.
L’unico atto pervenuto sulle scrivanie della procura dal Comune fu una relazione di servizio piuttosto tardiva, firmata dall’agente Salvatore Canavacciolo, uno dei due coinvolti nello scandalo (l’altro indagato è Francesco Cibelli).
Canavacciolo raccontava che quel giorno, il 3 gennaio, con la città e le sue montagne coperte di neve, lui e il collega fermarono una rom di 65 anni, Stela Anton, che come in altre occasioni si aggirava ai semafori con un bicchiere di carta in mano. Avrebbero dovuto portarla al comando per procedere all’identificazione, al fotosegnalamento e a una serie di ulteriori incombenze previste per legge, ma la loro auto fece tutt’altro tragitto per applicare tutt’altra legge.
Salì fino a Civiglio dove, a sentire Canavacciolo, Cibelli ordinò alla donna di togliere scarpe e calze, le gettò in fondo a un dirupo, risalì in auto e riprese la strada di Como dopo avere invitato la Anton a farsela a piedi.
Lei ubbidì: trovò la forza per recuperare le sue scarpe arrancando nella neve, poi riguadagnò il livello della strada e riprese, ciabattando faticosamente, la strada per Como. Qualche mese più tardi, rintracciata dalla polizia giudiziaria, la Anton fu ben lieta di verbalizzare tutto questo di fronte al pm che l’ascoltava con l’aiuto di un interprete romena. Non cambiò versione, anzi. Confermò tutto quanto, senza drammi ma anche senza sconti. Le accuse, lo ricordiamo, sono due: violenza privata e sequestro di persona.
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