martedì 28 luglio 2009

Europei da asilo politico

Cose sorprendenti, quelle che capitano intorno a noi. Anche che un cittadino europeo possa chiedere asilo politico a un paese del g8. E ottenerlo.
Il 13 luglio il Canada ha reintrodotto l'obbligo dei visti per il Messico e la Repubblica Ceca. Lo ha fatto per fronteggiare il massiccio afflusso di immigrati che chiedono asilo nel paese.
I dati segnalano un problema e un disagio. Dal 2007, quando l'obbligo dei visti per i cechi è stato annullato, alle autorità canadesi sono state presentate oltre 3.000 richieste d'asilo, rispetto a solo cinque nel 2006. Rispetto a 853 richieste d'asilo presentate in tutto il 2008, solo nel primo trimestre del 2009 sono state presentate 653 domande da parte di immigrati cechi, per lo più rom.
I rom dicono di fuggire a seguito dei rigurgiti estremisti neonazisti in aumento nella Repubblica ceca, del resto sette di loro sono stati recentemente uccisi senza troppi complimenti. Per le autorità ceche i motivi dell'emigrazione rom sono invece in primo luogo economici alla luce del sistema sociale canadese molto generoso.
I cechi al governo sono infuriati e offesi. Hanno chiesto all'Europa di replicare inserendo l'obbligo di visto anche per i canadesi. La risposta è stata solidale, ma negativa. Se lo meritano pure. In maggio l'ex premier Topolanek è stato beccato nel corso di una cena ufficiale a dire cose terribili sui rom e sul come sbarazzarsene. Scherzava. Più probabilmente scherzava per dire delle verità che avrebbe potuto confessare altrimenti. Più o meno ordinaria amministrazione, sin qui.
Le cose cambiano, però, se si osserva che nel 2008 ben 84 cittadini rom della Repubblica Ceca hanno ottenuto l'asilo nella terra delle foglie d'acero. Anche se qualcuno la pensa diversamente, si tratta di 84 cittadini europei sino in fondo cento per cento UE.
Il che vuol dire che un paese terzo, fra l'altro membro del G8 e dunque non uno qualsiasi, ha ritenuto che nell'Unione europea ci siano comportamenti tali da giustificare la concessione di diritti speciali agli stessi cittadini europei.
"Non è immaginabile che un cittadino della Ue sia ritenuto un rifugiato in un altro Paese, è un fatto che farebbe cadere un interro pilastro su cui l'Unione si fonda", s'è lamentato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Ha ragione. Salvo che certi comportamenti e atteggiamenti rispetto a determinate etnie - come i rom - in un buon numero di paesi fanno riflettere sulla solidità dei pilastri su cui l'Unione si fonda. E danno lo spunto agli altri per pensare che non siamo virtuosi come suggeriscono i Trattati. Guardiamoci intorno. I colpevoli di questa deriva sono fra noi e noi fra loro. di Marco Zatterin

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