venerdì 2 ottobre 2009

Schio (VI), un documento con 90 firme per due anziane sinte

Un elenco di novanta firme a supporto del dossier "Levacovigh/Caris". Il caso di Adriana Levacovigh e Nicoletta Caris, le due donne della comunità sinta che sostano da qualche settimana nel sagrato del convento dei Cappuccini dove hanno ottenuto un anno fa residenza, è ora nelle mani del Comune di Schio.
L'associazione Sucar Drom e i Frati Cappuccini scledensi hanno consegnato un documento dettagliato che spiega la situazione drammatica in cui vivono le due donne e la necessità di risolvere definitivamente la questione.
Quest'estate la presenza delle roulotte nel sagrato del convento aveva generato più di qualche perplessità. Così i frati Cappuccini avevano indetto una riunione pubblica per far conoscere lo spaccato sociale delle due donne alla comunità. Durante l'incontro era emersa una netta divisione d'intenti: un gruppo era aperto all'integrazione, l'altro era contrario e chiedeva lo sgombero delle roulotte. Poco tempo fa c'è stato un altro momento di confronto: una cena pubblica nel convento alla quale hanno partecipato una sessantina di persone e la stessa Nicoletta. Durante la serata è stato letto e discusso il documento che è poi stato consegnato all'assessore Antonietta Martino, accompagnato da novanta firme a supporto del dossier, a testimonianza che c'è chi, nella comunità, è disposto a tendere una mano alle due nomadi. Due, in sostanza, le richieste avanzate per le donne sinte: lavoro e stabilità.
«Chiediamo al Comune di Schio - si legge nel documento - un aiuto concreto al fine di trovare un lavoro alla signora Nicoletta, disposta ad accettare qualunque genere di occupazione compatibilmente con le sue capacità, affinché il duo abbia un introito economico stabile che, unito alla pensione di invalidità civile percepito dalla signora Adriana, le possa togliere dalla situazione di indigenza nella quale attualmente versano». Il secondo scoglio da affrontare è quello abitativo, ora tamponato dalla sosta nel convento. Due le proposte suggerite al Comune: individuare un'area di dimensioni anche modeste ma fornita di servizi essenziali sulla quale sia possibile l'istallazione permanente delle loro roulotte oppure la concessione di una casa. In entrambi i casi stabilendo un riscatto da esercitare in un arco di tempo e in rate preventivamente stabilite.
La patata bollente passa ora al Comune che sull'integrazione sociale di famiglie nomadi ha già speso risorse e progettualità, dividendo però la popolazione. di Anna Lirusso

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