Si è svolta dal 10 al 17 ottobre 2009 una delle più grandi Missioni di Pace mai realizzate dall’Italia a Gerusalemme, in Israele, e nei territori palestinesi occupati. La missione è stata contrassegnata dal motto “Time for Responsibilities”, parole mutuate da quelle pronunziate dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama che al Cairo il 4 giugno scorso ha detto: “Per giungere alla pace in Medio Oriente, è ora che israeliani e palestinesi - e noi tutti con loro – ci assumiamo le nostre responsabilità”.
La missione di pace ha visto la partecipazione di oltre quattrocento italiani provenienti da 127 città italiane: semplici cittadini, giovani, studenti e insegnanti, sportivi e artisti, giornalisti, amministratori locali (84 gli Enti Locali presenti) e rappresentanti di associazioni. L’associazione Sucar Drom ha partecipato alla missione con la Consigliera Vikttoriia Dubìnina che è partita da Mantova insieme alla delegazione della Provincia di Mantova.
Una missione, organizzata dal Coordinamento degli Enti Locali per la Pace, tutta italiana, per andare incontro al popolo palestinese e al popolo israeliano e per ascoltare le loro voci. Durante la missione si sono svolti incontri con politici israeliani e palestinesi, con associazioni ma anche con semplici cittadini a Gerusalemme, Betlemme, Hebron, Birzeit, Nablus, Jenin, Ramallah, Tel Aviv, Nazareth, Misgav-Sachnin, Jazza, Haifa, Sderot, Neve Shalom.
Yad Vashem. Mercoledì 14 ottobre 2009 la Missione è andata in visita al Museo Yad Vashem (un memoriale e un nome), il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto fondato nel 1953. La visita è iniziata da una rievocazione dei drammatici avvenimenti che portarono alle persecuzioni razziali e all’Olocausto degli Ebrei in Europa, durante il fascismo e il nazismo. Il museo è una testimonianza delle vite distrutte dalla furia cieca del razzismo. Il museo è composto da una sala memoriale, un museo storico, una galleria d'arte, una Sala dei Nomi, un archivio, "la valle delle comunità perdute" ed un centro educativo. Presso il museo esiste un giardino, il giardino dei Giusti tra le nazioni dove vengono onorati coloro che, spesso a rischio della propria vita, salvarono degli ebrei dallo sterminio. Ancor oggi si continua la ricerca su chi è scomparso nel nulla e si invitano le persone che visitano il museo a collaborare se hanno conoscenza di fatti legati alla Shoah.
Prima dell’inizio della conferenza al museo, la Consigliera Vikttoriia Dubìnina ha incontrato il Direttore dello Yad Vashem, Avner Shalev, a cui ha consegnato le pubblicazioni dell’Istituto di Cultura Sinta sul Porrajmos, la persecuzione su base razziale subita da Sinti e da Rom, durante il fascismo e il nazismo. Le pubblicazioni sono due libri: “Porrajmos, la persecuzione razziale dei Rom e dei Sitni durante il periodo nazi-fascista” di Virginia Donati (2003) e “Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz” di Vari Autori (2006); la mostra fotografica/documentaria: “Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz” (2007), realizzata in collaborazione con l’associazione Nevo Drom. Avner Shalev ha ringraziato per la donazione dei due libri e della mostra fotografica/documentaria che sono entrate a far parte della collezione della Biblioteca del Museo. Rachel Cohen, della Biblioteca, ha scritto all’Istituto che la donazione è importante perché il museo raccoglie da alcuni anni non solo il materiale sulla Shoah ma anche i documenti che afferiscono a quanto successo in quel periodo storico per offrire sia nuovo materiale di studio per studiosi e ricercatori ma anche una risorsa di conoscenza per le generazioni future.
Domari Society. Sempre Mercoledì 14 ottobre 2009, la Consigliera Vikttoriia Dubìnina con una delegazione della Provincia di Mantova ha incontrato Amoun Sleem, Presidente della Domari Society, l’associazione che rappresenta la minoranza dom. I Dom sono una delle grandi minoranze, insieme a Sinti e Rom, che sono migrate dalla penisola indiana, a partire dall’Anno Mille. Questa minoranza vive schiacciata dal conflitto Israele-Palestinese, infatti i Dom sono presenti sia sul territorio palestinese che su quello israeliano.
La Domari Society ha la sua sede a Gerusalemme. Questo il diario dell’incontro
Il quartiere che ospita l’associazione si trova in una periferia urbana non ricca ma dignitosa. La visione d’insieme è quella di sobrie costruzioni, cubiche e bianche, circondate da piccoli giardini che servono da ingresso a più abitazioni. La Domari Society ha sede in una di queste abitazioni, si differenzia solo per il cortile-giardino proprio.
Arriviamo con un taxi guidato da un appartenente alla minoranza dom. Entrando nel cortile vediamo da un lato giovani, ragazze e ragazzi, che siedono in conversazione ascoltando musica; davanti a noi c’è invece un grande tavolo dove in presenza di due volontarie, venute dagli Stati Uniti d’America, cinque o sei bambini fanno i compiti. Per entrare all’interno passiamo vicino a questo tavolo lo studio si svolge in un’atmosfera di serenità.
Ci viene incontro Amoun Sleem che ci offre subito un the aromatico, pasticcini e caffè. Si unisce al gruppo anche un giovane canadese, è uno studente universitario che insieme come le due volontarie americane rimarrà per un anno di servizio presso la Domari Society. Amoun Sleem ci spiega che la minoranza dom risiede a Gerusalemme da cinque secoli, si era stabilita nel quartiere di Wadi Joz a Gerusalemme Est e nelle mura della città vecchia vicino alla porta “Lions’ Gate”. E’ in questa zona che risiede la famiglia di Amoun Sleem. La Domari Society fu fondata nel 1999. Dal 2005 è aperto il “Community Center”. Conversando visitiamo il centro. Oltre al tinello-salotto dove abbiamo gustato il caffè ci sono altri locali; quello per l’esposizione degli oggetti che vengono confezionati nella sartoria e nei laboratori artigianali, un ufficio modernamente arredato e una grande sala-sartoria con macchine per cucire e magazzino con stoffe varie. A Gerusalemme, nella città vecchia, la Domari Society gestisce due negozi dove si vendono i prodotti confezionati dalle donne. Non hanno una produzione tale da poter sostenere una maggior espansione commerciale.
Amoun Sleem ha spiegato che la minoranza dom subisce spesso discriminazioni sia da parte palestinese che da quella israeliana per i soliti pregiudizi e sono respinti in quanto la maggior parte vive come mendicanti. Inoltre, molte famiglie dom sono scappate in Giordania per le continue guerre. Tant’è che la minoranza dom, presente in Israele e Palestina, risulta oggi dimezzata.
Le relazioni con le Autorità israeliane sembrano solo di tipo assistenziale, pochi o quasi nessuno ne conosce la lingua e le abitudini. Della Shoah non si sa nulla o non se ne parla. C’è però anche una realtà fatta di persone inserite nel mondo del lavoro quali autisti di taxi, di autobus, di pullman che godono certi privilegi. Da qualche anno il Governo israeliano assiste le famiglie dom con un contributo per lo studio. Non si hanno figure politiche che possano rappresentare la minoranza dom che viene ignorata come avviene anche con le minoranze beduine.
Solo da poco si hanno contatti intimi con i palestinesi in quanto ci sono stati dei matrimoni misti. Pochi uomini riescono a trovare lavoro, se lo trovano è nella nettezza urbana. Vi sono problemi abitativi, nella città vecchia gli edifici sono diroccati e spesso le famiglie vivono in ambienti inadatti al numero delle persone. I Dom si trovano nel territorio da molto prima dei palestinesi ma essendo una minoranza non vengono presi in considerazione.
Soprattutto tra i giovani pochi ammettono di appartenere alla minoranza dom. Si hanno molte abitudini simili con i palestinesi, nella maggior parte sono musulmani, vestono nello stesso modo, anche la cucina è simile a quella palestinese.
La Domari Society è nata soprattutto per appoggiare i bambini negli studi e per dare una formazione professionale agli adulti. Importante è anche l’attività politica per esigere dalle Autorità israeliane l’assistenza medica che tempo fa non si aveva.
L’attività principale oggi della Domari Society, insieme a quella relativa all’istruzione, è a favore delle donne. Per questa ragione sono state avviate delle attività di sartoria e di produzione di oggetti artigianali (flauti, piccoli girelli, borse…) che vengono venduti sia nel Community Center che nei due negozi nel centro di Gerusalemme. Un’altra attività svolta è quella per la tutela della lingua e della cultura dom. La lingua dom si sta perdendo perché è orale. Soprattutto i giovani parlano il palestinese di Gerusalemme e si studia l’inglese che è ormai la lingua più parlata in Israele.
L’attivismo a favore delle donne di Amoun Sleem non è ben visto da tutta la comunità dom di Gerusalemme, in particolare dagli uomini. Non è facile convincere gli uomini dom ad uscire da una certa chiusura e sono i giovani che tendono ad ignorare le regole scontrandosi con gli anziani.
Gli ostacoli maggiori per le ragazze si hanno nel proseguire gli studi superiori. Molte donne e alcuni giovani sono infermieri ma non possono essere medici perché l’iscrizione all’università è legata alla situazione economica.
Le ultime parole di Amoun Sleem, prima dei saluti, sono state: “se gli uomini ascoltassero di più le donne le cose andrebbero meglio”. Salutandoci è stato chiesto ad Amoun Sleem di venire in Italia per conferenze che svelino di più i loro problemi e per prendere contatto con le altre comunità sinte o rom italiane ma anche europee. La proposta le è sembrata interessante. di Vikttoriia Dubìnina
In foto, da sinistra: Sabrina Pinardi (Mantova TV), Luigia Trabalza (insegnate di Bergamo), Vikttoriia Dubìnina (Sucar Drom), Amoun Sleem (Domari Society), Laura Pradella (Presidente del Consiglio Provinciale di Mantova) Gino Goffetti (Mappamondo e Coordinamento per la Pace di Mantova), in basso al centro Nicolò Agosta (Diocesi di Mantova)
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