Quelle che oggi sembreranno classi “miste”, sono in realtà le comunità felici dell’Italia di domani. Ora attenzione e cura per gestire la svolta.
Mentre già iniziava il fuoco di fila ideologico contro il “tetto” del 30% di studenti stranieri, il Ministero dell’Istruzione ha precisato: dal tetto saranno esclusi i nati in Italia. Si tratta di circa il 37% del totale degli studenti stranieri, in un paese dove ogni anno nascono tra i 55 e i 60mila bimbi stranieri, circa il 10% di tutti i nati.
Una precisazione più che importante: è storica. Sancisce cosa sia in concreto la cittadinanza. Ciò che non si vuole ammettere come concetto generale, riaffiora come complemento di una norma: nascere in un paese vuol dire già essere, almeno potenzialmente, un pezzo di quella comunità e di quella storia. E quindi, specie se sei un bambino, quel paese ha il dovere e l'interesse a tenderti la mano.
La norma Gelmini conferma che il “ghetto” scompare non quando si abbatte una barriera di cemento, ma quando smettiamo di pensare che esista. Già, perché il ghetto non è solo un luogo fisico. E’ un recinto dove la nostra mente rinchiude i problemi per fingere di renderli meno complessi. Ed è un ghetto impenetrabile quello in cui da vent’anni abbiamo infilato gli immigrati.
Non vogliamo mai vederli come persone ma sempre come categoria: clandestini o regolari, islamici, albanesi, rumeni, “zingari”. Quindi, chi lavora non è più un lavoratore ma un clandestino. Chi prega un altro dio non è più un uomo ma un potenziale sovversivo. Chi è incinta non è più una donna ma un peso per il sistema sanitario pubblico… così come, per la fazione dei buonisti ad oltranza, il rom che sfrutta i bambini o l’uomo che picchia sua figlia perché vuol sposare un italiano non sono più dei criminali ma solo gente con le sue tradizioni.
Il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini ha voluto vedere gli immigrati come persone che vivono con altre persone. Quindi ha scelto una misura razionale, concreta e non gridata. di Sergio Talamo, continua a leggere…
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