Sette figli tra i 2 e i 13 anni, una roulotte che si era bruciata ancora lo scorso anno. Ma lo scheletro era rimasto. Lì, nel “campo nomadi” di viale Cricoli. Senza porte, ma con tendine consunte che ne segnavano i vecchi confini. Materassi gettati un po' dappertutto, anche a terra, dove i ragazzi si mettevano a dormire, magari sempre più stretti per non sentire troppo freddo. Una situazione conosciuta, seguita dai servizi sociali, ma per la quale trovare una soluzione sembrava impossibile. Un po' per questioni politiche, un po' perché la gente ogni volta che sente la parola “zingaro” arretra fisicamente e non solo. E, poi, si è aggiunto anche il vescovo Nosiglia che ha bacchettato le istituzioni richiamando tutti all'accoglienza e alla solidarietà.
Ci sono voluti due giorni di neve, le temperature sotto lo zero e il Comune, o meglio l'assessore alla famiglia e al welfare Giovanni Giuliari, una soluzione l'ha trovata. Dal 28 dicembre gli Halilovic, famiglia Rom da anni "esiliata" nel campo di via Cricoli - visto che un cancello la divideva con il resto della comunità Sinti - ha un tetto sotto il quale dormire.
Certo, si tratta di una soluzione dovuta all'emergenza, che durerà fino al prossimo 28 febbraio. Tre mesi in cui il Comune ha messo a disposizione un alloggio a Bertesinella di proprietà dell'Amministrazione e già utilizzato per situazioni di emergenza. Ma con patti precisi.
Ha voluto piantare paletti Giuliari per far capire che nulla è dovuto, ma eventualmente tutto si conquista. Con sforzi, regole e, soprattutto, rispetto. L'assessore l'ha chiamato patto di "legalità e socialità". Due concetti importanti che vengono estrinsecati in una serie di regole. Mantenere l'appartamento in buono stato, non creare disturbo, accompagnare i ragazzi a scuola ogni giorno e non farli mendicare lungo le strade. Liberare la piazzola dove prima vivevano in viale Cricoli, in modo che possa essere sistemata e contribuire alle spese di gestione con 2 euro al giorno. Se ciò non accaddesse, il Comune può anche decidere l'allontanamento prima della scadenza del contratto. Da segnalare che sono stati avvisati i vicini, l'assessore Giuliari - anche grazie alla disponibilità del parroco - ha suonato a tutti i campanelli, ha consegnato una lettera nella quale spiegava come il Comune aveva deciso di operare.
«Era necessario risolvere l'emergenza - ha detto - e la soluzione si fonda sulla responsabilizzazione dei nomadi che ci hanno chiesto aiuto e sul dialogo preventivo con le famiglie vicine di casa». Se il padre si mantiene vendendo ferro, la madre si occupa dei piccoli che ora saranno seguiti in maniera più serrata e continua. «Ieri mattina la casa era già stata abbellita con teli colorati che appartengono alla loro tradizione e l'assistente sociale ha visto la madre intenta a pulire. Come inizio ci fa ben sperare. Senza dimenticare - ha puntualizzato Giuliari - che ho ricordato all'assessore alla Sicurezza che esiste un regolamento e che deve essere applicato e rispettato, ed è quello che verrà fatto. Inoltre, è stata avvisata anche la questura».
In sostanza la “questione nomadi” ha fatto sì che all'interno del piano Pat restassero micro-aree a disposizione, senza alcuna identificazione, come era accaduto all'inizio. Inoltre, il Comune ha chiesto al prefetto di Venezia 400 mila euro per sistemare i campi cittadini, grazie ai finanziamenti che il ministro Maroni aveva messo a disposizione di alcune regioni tra cui il Veneto, sempre per l'emergenza “nomadi”. "La vera carità è la giustizia", ammonì Paolo VI, ma per ottenere giustizia ci vogliono consensi, soldi, strutture e politiche mirate. È questa la strada intrapresa dal Comune? di Chiara Roverotto
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