Se almeno a sinistra si fosse capaci di fare esercizio di decentramento, forse si coglierebbero la gravità di ciò che accade in Europa e l’affinità con alcune delle tendenze che condussero alla catastrofe. E allora suonerebbe meno infondato l’allarme delle rare cassandre che da alcuni anni cercano di richiamare l’attenzione sul razzismo di massa che dilaga in Italia e in Europa e sulla temibile saldatura fra razzismo di Stato e razzismo popolare.
Quando si prende di mira una minoranza (non una qualsiasi, ma i rom, cioè le vittime storiche, insieme agli ebrei, della discriminazione, della persecuzione e dello sterminio europei), attribuendole caratteri essenziali –che siano intesi come razziali, sociali o culturali è irrilevante- non si sa mai dove si va a finire.
Quando si stigmatizza e si discrimina, si vessa e si perseguita quella minoranza negandole diritti umani fondamentali, in realtà mettendone in dubbio la stessa qualità umana, la strada è spianata per ogni genere di avventura autoritaria (per non dire totalitaria).
Esemplare è il caso della patria dei Diritti dell’Uomo divenuta terreno delle scorrerie razziste di un mediocre presidente-sceriffo e dei suoi accoliti: ansiosi di sottrarre ai lepenisti lo scettro di difensori di legge-e-ordine, convinti di fronteggiare gli effetti sociali della crisi economica e la perdita di consenso con la frusta strategia del capro espiatorio, in ciò favoriti da chi a sinistra ha spianato loro la strada.
Conviene ricordare che il primo disegno di legge “contro il velo islamico”, in realtà contro i musulmani, fu presentato da un socialista; e che comunista è il presentatore della legge “contro il burqa”, approvata dal parlamento francese pochi giorni fa. di Annamaria Rivera, continua a leggere...
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