Un’insegnante racconta la vicenda della bambina rom: dalle baracche di via Rubattino a viale Ortles E oggi è tornata con la famiglia sulla strada.
Dorina ha 11 anni, è una bella bambina, gentile e generosa. Dopo essere stata sgomberata dal campo irregolare di Rubattino, con eroica fatica, il 13 settembre ha ripreso a frequentare la scuola e ogni mattina, senza cartella, senza quaderni e materiale didattico «senza il quale ai nostri figli non ci sogneremmo mai di far varcare la porta di un’aula scolastica» racconta Laura Terni, insegnante laica, dal dormitorio di viale Ortles (dove è stata accolta con la madre subito dopo lo sgombero), prendeva l’autobus, naturalmente, senza biglietto.
Dorina, insieme ad altri bambini ospitati «nel sottoscala del dormitorio» partecipava al doposcuola, organizzato dall’insegnante volontaria che, insieme ad altre operatrici si erano prese a cuore la vicenda dei piccoli studenti sgomberati e dedicavano loro due pomeriggi la settimana in viale Ortles.
«L’ultima volta che ho visto Dorina è stato mercoledì scorso – prosegue nel suo racconto l’insegnante – sabato le avevo comprato un piccolo ombrello per andare a scuola perchè il lunedì precedente, con la pioggia e il freddo, l’avevo trovata nella branda con la febbre alta. Oggi è mercoledì ma in viale Ortles non c’è più Dorina ad attendermi. I rom sono stati costretti ad andarsene a piccoli gruppi e per non essere separati e restare uniti hanno deciso di spostarsi in una situazione ancora più precaria». La mamma di Dorina aveva infatti deciso di non abbandonare la sorella, che con un bimbo di otto mesi aveva scelto di ricongiungersi con il marito, lasciando il dormitorio (gli uomini non vengono accolti nella struttura comunale).
La storia di Dorina e della sua insegnante del doposcuola è una storia nuova, nata da un incontro: «Ci sono insegnanti ma anche studenti universitari volontari che, insieme a noi, hanno conosciuto questi bambini nei corsi doposcuola e ancora adesso continuano a seguirli – racconta Stefano Pasta, volontario della Comunità di Sant’Egidio che da anni opera con i nomadi – malgrado le mille difficoltà, per tutti. Si è formato un gruppo di cittadini che, coordinati da noi, si mettono insieme e decidono di fare qualcosa. Noi 'promuoviamo l’incontro' tra i rom e i cittadini. E da questo incontro nasce sempre un’amicizia» conclude Stefano Pasta. di Avvenire
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