mercoledì 1 dicembre 2010

Milano, la Casa della Carità e le mamme di Rubattino non dovrebbero ritirare l'Ambrogino

L’attribuzione dell’Ambrogino d’oro alla Casa della Carità, ai genitori di Ribattino e al nucleo polizia locale che si occupa degli sgomberi mi ha fatto pensare molto in questo fine settimana. E sono arrivato a questa conclusione: la Casa della Carità e i genitori non dovrebbero ritirarlo, quel premio.
Perché? Io penso che ci sia dietro un’operazione molto pericolosa, insieme plateale e subdola, che a mio parere assomiglia molto alle recenti e meno recenti campagne revisionistiche, non a caso giocate tutte sul piano simbolico. Parlo di “revisionismo” credo a ragion veduta, perché vedo una logica che, con le dovute proporzioni, mima quella che vorrebbe che si parificassero i meriti di chi ha fatto la Resistenza e quelli di chi militava nel fronte opposto, cioè fascisti e nazisti, passando oltre – insomma - la doverosa e invalicabile differenza tra coloro che si battevano per la libertà e quelli che agivano per ribadire l’oppressione; una scelta che poi precipita, tanto per capirci, sulla trivialità della proposta di far cantare a Sanremo insieme Bella ciao e Giovinezza. È rientrata, ma intanto era stata avanzata.
La logica nella questione Ambrogino è a mio parere la stessa, fatte le debite proporzioni: non sono disposto, per affermare il diritto alla benemerenza civica di organizzazioni formali e non come i genitori o la Casa della Carità, a parificarle nel pubblico riconoscimento a coloro che sono incaricati di sgomberare coloro di cui le altre due organizzazioni si occupano.
Esagero? Se - da parte nostra - si parla giustamente di “barbarie” degli sgomberi, se siamo di fonte all’esplicito tentativo - da parte dell’amministrazione comunale - di una soluzione che vorrebbe essere “finale” del problema rom a Milano, se nell’operatività del nucleo di polizia locale si ha un “obbedire agli ordini” tecnicamente molto efficace, a me non pare che siamo molto lontani da sciagurate stagioni come quelle su cui il revisionismo si preoccupa d’intervenire in modo assolutorio, minimizzante, pacificatorio o addirittura negazionistico.
Penso poi che una protesta vibrata - fino al punto di non ritirare il premio – non farebbe che incoraggiare quel fondo consistente di disagio e dissenso che abbiamo riscontrato tra gli operatori della polizia locale, chiamati a compiti non appropriati, né per attribuzioni né per modalità di esecuzione.
Lascio queste righe alla vostra considerazione; so che tra i firmatari della nostra denuncia ci sono diverse persone che hanno sperimentato le leggi razziali e che anche su questa base l’hanno sottoscritta.
So bene che occorre “maneggiare con cura” i parallelismi o i richiami a stagioni tragiche, se non uniche, di un passato che però come sappiamo non è passato; ma quando lo “stato di eccezione” diventa la regola, credo che occorra esercitare un’attenzione critica inflessibile. di Stefano Nutini

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