Nel notiziario n. 445 di ChiamaMilano una nota a firma A. Pozzi si occupa della Consulta dei Rom e dei Sinti di Milano, costituitasi recentemente. Visto il tono altezzoso e disinformato, forse normale visto che parla di “zingari”, verrebbe di cavarsela con una risposta ironica, ma per rispetto a un luogo utile per la città e molto ospitale - persino nei confronti di note come questa - mi permetto di dare a Pozzi delle informazioni che lo aiutino a essere più preciso.
La Consulta dei Rom e dei Sinti di Milano non è un tavolo istituzionale ma il primo esempio di coordinamento delle comunità rom e sinte presenti sul territorio milanese. Obiettivo della consulta è semplicemente quello di far ascoltare la voce dei rom e dei sinti quando si decide dei loro destini, cosa che avviene per tutte le comunità, mentre per i rom e i sinti si è sempre usata la delega ad associazioni, più o meno caritatevoli, che hanno gestito finora la loro vita. Forse anche Pozzi converrà che questo sia un diritto elementare.
Per quanto riguarda il riconoscimento, questo è un fatto politico che non sta tanto nello spazio di palazzo Marino usato da cittadini milanesi di etnia rom e sinta (è questo che scandalizza?), quanto nel fatto che la consulta ha incontrato il sindaco, Giuliano Pisapia, l’assessore alla sicurezza Marco Granelli e l’assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. Nell’incontro con l’assessore Majorino, al quale hanno partecipato tutte le comunità, è stato preso il reciproco impegno a ragionare su progetti, proposti anche dalle comunità rom e sinte, per avviare una politica nuova da parte dell’amministrazione. Questo è il riconoscimento che ci interessa perché aiuterà a un coinvolgimento positivo e costruttivo della cosiddetta questione rom e a superare il clima di costante discriminazione e persecuzione che ha caratterizzato la politica antizigana di questo Paese (la precedente amministrazione si vantava di 540 sgomberi che hanno colpito sempre le stesse persone con costi sociali ed economici altissimi senza risolvere un solo problema) che per questo è costantemente oggetto di osservazione e di condanna da parte degli organismi internazionali.
Fa piacere sapere che Pozzi è l’interprete ufficiale del Tavolo Rom, di cui peraltro lo scrivente è un socio fondatore, al quale risulta viceversa che il Tavolo sia interessato a un protagonismo attivo e positivo dei rom e dei sinti. In ogni caso se Pozzi si documenta presso il Tavolo può verificare che esso ha prodotto posizioni e documenti che non dicono cose molto diverse da quelle che dice la Consulta. Comunque per tranquillizzare Pozzi è bene dire che impegno della Consulta non è sostituire il Tavolo rom, composto da associazioni e fondazioni del privato sociale, ma collaborare anche con esso alla soluzione concreta dei problemi, tra i quali fondamentale è l’utilizzo del finanziamento del FSE che la giunta precedente aveva diviso in 4 milioni alle politiche sociali e 9 milioni alla “sicurezza”, scelta contestata anche dai gestori dei campi e membri del Tavolo Rom in quanto del tutto inadeguata alla dimensione dei problemi posti dalla giunta.
Mi spiace dover deludere Pozzi ma alla consulta partecipano esponenti di tutti i campi regolari (comunità italiane di diversa origine, macedoni, kossovare, rumeni ex Triboniano) e irregolari stabili da anni (rumeni e comunità provenienti dalla ex Jugoslavia). E questo è il risultato più importante e che dovrebbe essere apprezzato da chiunque abbia a cuore la soluzione dei problemi con il consenso che dà stabilità alle cose e che si ottiene solo con la partecipazione attiva dei diretti interessati, una volontà di partecipazione che si è espressa anche, dopo anni, con la partecipazione al voto amministrativo, segno di una voglia di uscire dai ghetti nei quali sono stati rinchiusi per anni e che anch’essa dovrebbe essere capita e apprezzata.
Infine mi sento di tranquillizzare Pozzi. Se ha paura anche lui come Salvini della “zingaropoli”, stia sereno: rom e sinti vogliono solo stare in pace, occuparsi della propria famiglia, senza l’angoscia del domani e lontani dalle pagine dei giornali, anche per evitare che di loro si parli sempre e solo con superficialità e ignoranza dei fatti.
Io tutte queste cose le so perché ho partecipato a tutti i lavori della Consulta e non me le ha raccontate un Pozzi qualunque. di Paolo Cagna Ninchi, presidente Associazione UPRE ROMA (composta da rom e racli)
2 commenti:
Mi sembra a occhio e croce che non l'abbia letto tanto bene, l'articolo di Pozzi. L'impressione è che sia partito già convinto che si trattasse di un articolo "antizigano" (perché critico verso la Consulta), ed abbia interpretato tutto quel che ha letto di conseguenza ("...visto che parla di zingari": questa frase denota molto pregiudizio. Indica che per Lei il mero uso di quella parola indica inconfutabilmente che chi la pronuncia/scrive sia portatore di astio verso i Rom).
Mi sono andato per sicurezza a rileggere l'articolo: a me pare che non sia così critico e accusatore come Lei lo fa sembrare. Si limita a sollevare alcune perplessità circa la Consulta, ossia:
1) il suo livello di rappresentatività dei Rom di Milano
2) le modalità di creazione e la sua presentazione.
Quanto alla rappresentatività, risulta anche a me che non sia completa. Ho sentito racconti di volontari che, recatisi ai rispettivi campi (accampamenti minori, non storici ma comunque presenti da anni) si sono sentiti chiedere dai residenti, giornale alla mano, cosa fosse questa Consulta rom di cui si parlava.
E se non erro, anche tra gli insediamenti "storici" milanesi, ne mancherebbero uno o due.
Questo non vuol dire che la Consulta e il progetto che c'è dietro siano *da buttare*, sia chiaro. Ma ritengo che quelle di Pozzi fossero critiche costruttive.
Per molti gruppi e associazioni che si occupano delle questioni rom, la presentazione della Consulta è stata improvvisa quanto una doccia fredda. Ne convengo con Lei, i Rom devono potersi rappresentare da soli nei rapporti con le istituzioni, e infatti credo che *nessuno* si sia sognato di dire il contrario. Ma tanti si sono sentiti, a torto o a ragione, messi da parte senza troppi complimenti.
Del fatto che il tutto sia stato fatto un po' troppo in fretta ne dà impressione, ad esempio, la presa di distanza del vice sindaco ("soltanto [...] una concessione di spazi"). Fino a che punto erano stati informati sindaco e giunta di quest'iniziativa?
Credo poi che Lei equivochi sulla menzione da parte di Pozzi della "Zingaropoli": non scrive di temerla egli stesso, la sua preoccupazione è che il cittadino comune (quello che quotidianamente non va più in là dei titoli di Metro e DNews per informarsi) PERCEPISCA la realizzazione della Zingaropoli, cosa che genererebbe un'ondata di opposizione verso qualunque progetto pro-Rom la giunta tentasse di realizzare.
E Salvini, lei lo sa meglio di me, ci sguazzerebbe.
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